diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 6 - 2007

Insegnare Filosofia Forum

Punti fermi sul linguaggio sessuato

Nel dibattito che si è aperto sulla sessuazione del sapere a scuola consideriamo preziosa l’indicazione scaturita dal Laboratorio scuola/università dell’Università di Verona: la lingua può essere l’innesco per la riapertura di tutti i saperi.

Mentre storicamente il movimento delle donne ha visto il soggetto femminile escluso dal discorso, oggi, dopo la fine del patriarcato in occidente, non possiamo avere più questa visione vittimista della posizione della donna nel discorso e nella lingua. La donna ha acquisito una competenza simbolica e parla e scrive liberamente. Centrale è il suo ruolo nella lingua materna. Da sempre è la donna a iniziare al linguaggio l’essere umano che acquisisce dalla madre la competenza simbolica e quella linguistica.

 

Per questo, a partire dalla riflessione sulla lingua materna abbiamo enucleato alcuni punti fermi da riproporre alla discussione:

 

– la lingua nasce nel rapporto fra madre e creatura piccola.

 

– quando si impara a parlare, si comincia a partecipare a quella straordinaria quantità di interazioni di persone che si ascoltano e parlano. La lingua si forma da una trama di relazioni inesauribili e continua a vivere nelle relazioni. Non si tratta di creare una lingua nuova: un’imposizione dall’alto. Come esperimento politico è stato sempre fallimentare. La lingua non ha bisogno di incentivi.

 

– la lingua non sta solamente su un piano esclusivamente linguistico verbale ma esiste in un complesso setting relazionale descritto dalla pragmatica. La lingua essendo un codice simbolico non ha un rapporto semplice né con il lessico né con la grammatica. Si realizza in un complesso gioco fra il livello profondo simbolico, la superficie lessicale e grammaticale e il non detto. Mentre non è cambiata sufficientemente la lingua di superficie è cambiato notevolmente il suo livello profondo che registra maggiormente un complesso insieme di esperienze, posture relazionali, immagini e rapporto con il mondo.

 

– la lingua non porta necessariamente a parola le verità della vita ma, come in molte culture e a un livello magico della lingua, tace ciò che è di più importante. L’inclusione o la non nominazione  della donna si può leggere anche  come proveniente da un remoto riconoscimento della potenza materna che non era nominabile.

 

– la rivoluzione delle donne e il contatto con le culture completamente altre ha messo in crisi il concetto dell’io e ha promosso un superamento dell’uno universale. Questa concezione immaginava l’altro da sé come riducibile al sé, come identico a sé, già previsto nel suo sviluppo progressivo e così negato in quanto altro con un esistenza in sé. Anche il linguaggio riflette questo scardinamento e una apertura alla differenza.

 

– Kristeva, Irigaray e Patrizia Violi, nelle loro ricerche di analisi testuale, hanno rilevato una scarsa presenza del soggetto femminile nel discorso e hanno aperto un dibattito che ha svelato la non neutralità del soggetto. Comunque partendo dal presupposto che nella lingua non ci sono ostacoli all’espressione della soggettività femminile è venuto alla luce che il soggetto si costituisce sempre in relazione. Non esiste io senza il tu. Questa concezione fa decadere il soggetto solipsistico. La soggettività non coincide con l’io ma ha bisogno degli scambi con gli altri e altre. E’ sempre incompleta.

 

 

– interpretare oggi l’inclusione grammaticale del femminile nel maschile non marcato come un’assenza della donna dal discorso è un operazione troppo semplice. La sessuazione della lingua non si gioca solo su questo piano ma è l’intero corpo della lingua che si muove quando si è consapevoli di essere uomini e donne.

 

– le parole  come “avvocato” o “ministro” si riferiscono a una professione pensata per uomini, strutturata per uomini ed esercitata da uomini. E oggi ci sono sempre più donne che la esercitano ma molte si fanno chiamare p.e. “direttore” e non “direttrice”. Rimane da interrogare il fatto che in Italia parecchi dizionari e la stessa Accademia della Crusca hanno registrato i femminili delle professioni, eppure nella società italiana l’uso, da parte sia di donne che di uomini, non è stato accettato.  E’ comunque  immaginabile che col tempo nascano professioni create da donne e uomini  oppure modalità nuove che avranno subito un nome giusto. La nostra società ha bisogno di un profondo cambiamento delle istituzioni e non solo di un diverso suffisso.

 

 

– sempre più uomini giovani parlano come le donne. Riescono finalmente a esprimere sentimenti ed impressioni e a mettersi in relazione . Nell’epoca postpatriarcale superando il divieto di parlare la lingua della madre  anche l’uomo può trovare, almeno nella lingua, la relazione con la propria origine e la propria dipendenza.

 

– le metafore, le immagini e i racconti sono sempre più di matrice femminile. La lingua, essendo un organismo vivo con alto tasso di trasformabilità non smetterà di muovere le proprie strutture verso una realtà ormai cambiata. Siamo in una fase di passaggio che ci chiede di abbandonare concezioni e modi di essere che ci sembravano “naturali” e di lasciare spazio a che la lingua possa registrare un rapporto cambiato, cioè un andirivieni più libero tra esperienza e parola.