diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 3 - 2004

Ho Letto

Liliana Rampello (a cura di), Virginia Woolf  fra i suoi contemporanei

 (trad. di Lucia Gunella, Alinea, Firenze 2004)

 

Ci sono persone che, per la loro genialità, riescono a scuotere la Storia e a segnarla con opere che la storia stessa, con il suo trascorrere, non riuscirà a rendere esauste.

Nessuno potrà negare che Virginia Woolf è una di queste. Ci sono anche esseri umani che vengono ricordati per il mistero e l’attrazione che circondano la loro vita, a volte positivamente a volte drammaticamente, correndo il rischio di diventare icone di teorie che non gli somigliano. Virginia Woolf è, ancora una volta, tra questi esseri, di per sé imprendibili, e proprio per questo molto commentati. In realtà, ha avuto (e fatto) una vita lontana dall’essere decifrata soddisfacentemente, a tutt’oggi.

Anche se, nel 1982, un meritorio lavoro della Biblioteca delle donne di Parma e della Libreria della donne di Milano, l’aveva chiamata ad essere tra “le madri di tutte noi” (si tratta del cosiddetto “catologo giallo” stampato dalle due autrici collettive), se rileggiamo ciò che ha scritto, potrmo constatare come sia in realtà una madre incomoda e indomata. E, tuttavia, meglio così che trovare filtrato ciò che ha scritto e pensato da commenti che si appellano a un certo femminismo vittimista per indirizzare la lettura in modo che guardi come prevalente e decisiva la parte ferita e sofferente di Virginia Woolf. Addirittura, come prevalente e decisiva la fine della sua vita per suicidio. Quasi fosse necessario tenere lontana la sua grandezza attraverso la compassione per ciò che è doloroso nella sua esistenza o, peggio, per ciò che può autorizzare a porla fuori dalla vita comune, come i suoi periodi di follia. Come se la “vita comune”, ancora oggi, potesse essere tale solo se tristemente normalizzata o mediocremente pacificata.

Questa premessa è necessaria per renderci conto di quanto bisogna essere grate a Liliana Rampello – studiosa di Virginia Woolf da molti anni e, prima ancora e non a caso, di Marcel Proust – per essersi impegnata a promuovere  e curare la traduzione italiana di Recollections of Virginia Wolf by her Contemporaries (1972), una raccolta di memorie in cui tredici donne e quattordici uomini ci offrono un ricordo personale della grande scrittrice, dopo la sua morte. L’accurata traduzione di Lucia Gunella ci mette in comunicazione con amici, amiche e familiari convenuti a convincerci che la vita della Woolf fu piena di verità e di senso. E davvero testimoniano di tratti della personalità, avvenimenti e impressioni a volte così sorprendenti da rendersi indispensabili materiali per chi vorrà intraprendere ciò che sembra essere sempre più urgente: una nuova lettura dell’eredità scritta che Virginia Woolf ha lasciato. Sebbene, nella sua Introduzione, Liliana Rampello ci avverta che “non di questa materia (immagini, racconti, aneddoti) è fatto il commento e il giudizio sull’opera”, ciònondimeno lei stessa ammette che “questa materia costituisce un terreno di avvicinamento mentale e fisico a quello spazio di amicizia che può raddoppiare o ridurre il piacere del testo”.

Sappiamo, tuttavia, che il pensiero femminile non disgiunge facilmente testo della vita e testi prodotti dal pensiero, anzi cerca di di far mettere radici a questi in quella, procedimento di cui proprio la Wollf ci appare maestra. Perciò chi tenterà di offrire un nuovo accesso alle sue opere farà bene e tenere ben presente, non solo per curiosità, proprio i racconti contenuti in Virginia Woolf fra suoi contemporanei. Nella raccolta troviamo nomi molto conosciuti per meriti propri, come Rebecca West, E. M. Forster, Vita Sackville-West, T. S. Eliot, per intenderci. Altri testimoni, se sono noti, lo devono piuttosto al fatto di essere stati compagni o compagne di strada della scrittrice, come Louise Mayer, cuoca alla Monk’s House, capace di uno sguardo acuto e preciso sulla sua strana datrice di lavoro, che, in verità, pare più un’ospite attenta e affettuosa.

Tutti i racconti sono quasi sempre deliziosi e molto interessanti per chi fosse alla ricerca di immagini “dal vivo” della vita della scrittrice tra la più amate del ’900. Ma è proprio il gusto di stare leggendo memorie prese dal vivo di esperienze affettive, di collaborazione, culturali avute con Virginia Woolf , ciò che rende il libro un imprescindibile documento della sua vita quotidiana, così com’era. Una traccia non da poco, si diceva, per seguire un’autrice che ha reso la vita quotidiana il contesto e lo sfondo del suo pensiero e della sua scrittura.

Una scrittura eccezionale e rivoluzionaria, come la sua allegria, la sua finezza, la sua ironia: a registrare tutto ciò sono in molti e molte tra gli autori che parlano nel libro a lei dedicato. Pochi riescono invece a notare il modo rivoluzionario di intendere il rapporto tra i sessi che portò Virginia Woolf a scrivere testi come Una stanza tutta per sé e Tre ghinee. O forse qualche consapevolezza si affaccia nei racconti in cui si disegna l’amata scrittrice come maestra di relazioni, con uomini, con donne e con  bambini piccoli che era capace di amare e di ascoltare, ciascuno differentemente, con passioni diverse, ma efficacemente. Nell’elegante Introduzione, Liliana Rampello ci offre una prova ulteriore della sapienza relazionale di Virginia Woolf, attraverso un curioso rovesciamento, un “gioco degli specchi” grazie al quale possiamo leggere alcuni brani in cui la Woolf stessa scrive qualcosa dei contemporanei che si troveranno poi a renderle onore con i ricordi.

Alla fine della lettura, non  possiamo dire di avere tolto completamente il velo al mistero che tiene custodita la vita di una grande autrice. Anzi: sembra che ciò che abbiamo potuto scoprire, per esempio le frequenti sonore risate di Virginia Woolf, si costituisca come un ulteriore mistero il che, in un certo senso, ci avverte che siamo stati portati molto vicino alla verità.

Sicuramente possiamo chiudere le pagine con la certezza di aver avuto un dono impagabile: chi ha scritto, chi ha parlato ci ha portato così in intimità con lei da farci guadagnare la certezza che, grazie alla vita di una donna, sia possibile fare esperienza della possibilià che la grandezza delle opere non si disgiunga dalla grandezza dei gesti quotidiani.