diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 7 - 2008

Un certain regard

Introduzione. Uno sguardo femminile sulle ambivalenze del presente

«Uno sguardo femminile sulle ambivalenze del presente». È questo il titolo che io e Chiara Zamboni abbiamo dato al seminario che si è svolto il 23 aprile 2007. Quel giorno presso la sala Barbieri del Palazzo del Rettorato si parlava francese e italiano, perché le nostre invitate erano pensatrici che lavorano in Francia, precisamente a Parigi. Christiane Veauvy, Françoise Collin, Françoise Duroux e Nadia Setti hanno dialogato con alcune donne italiane, per la maggior parte di Diotima, sulle contraddizioni politiche, culturali e linguistiche che emergono oggi nelle nostre società. L’iniziativa è nata per il desiderio non solo di riprendere il dialogo con le donne francesi che condividono un pensiero filosofico e politico femminile, ma anche di confrontarci con loro sui movimenti tellurici che si stanno aprendo. La domanda guida infatti che risuonava  nella sala era: quali contraddizioni, quali ambivalenze, quali spostamenti si stanno attuando nella realtà contemporanea? Nella condivisione che lo sguardo femminile sia particolarmente sensibile nel cogliere le spaccature del reale non solo già presenti ma anche nel loro sorgere ambiguo, le pensatrici francesi e italiane presenti in quel seminario hanno pensato insieme. Riprendendo le idee offerte nelle relazioni e articolandole nel dibattito, abbiamo fatto circolare non solo teorie ma anche pratiche filosofiche nuove.

 

La prima parte della mattinata, ascoltando le relazioni di Christiane Veauvy e Nadia Setti, relativamente al tema delle contaminazioni linguistiche e culturali tra le donne del sud e del nord, ha scatenato un acceso dibattito. Si sentiva vero il fatto di andare al di là di un’ «indignata simpatia» tipica del multiculturalismo e comune a molte donne e uomini che si occupano del fenomeno immigrazione. La risposta al problema dell’immigrazione non è semplicemente l’integrazione all’interno di un «universalismo repubblicano», perché ciò potrebbe impedire alle donne di essere se stesse e di mantenere un legame con il materno. L’idea che all’inizio ha preso posto nei nostri pensieri, secondo cui l’integrazione è possibile nel momento in cui si è disposti ad accettare e interiorizzare l’estraneità, non mi sembrava convincente. Sembrava una pratica filosofica monca… mancava qualcosa.

Poi, il dibattito si è messo verso quel punto, che a mio parere mancava e che in quella occasione appagava le più sensibili. Non basta fare uno spostamento dentro di sé per accogliere l’altro, pratica che non risulta difficile per le donne: occorre anche prendere una posizione di fronte a un uomo o una donna che è altro e altra rispetto a me. Prendere una posizione ha il significato per me di essere fedeli alla lingua materna. Riconoscere l’estraneità per convivere insieme nella stessa società significa allora farsi riconoscere; così facendo lo spostamento dentro di sé, capace di creare il simbolico, è reciproco. In questo modo non c’è affatto il rischio, come qualcuno potrebbe pensare, di chiudersi in una mera identità culturale e linguistica: la fedeltà alla lingua materna permette alla lingua di fare il suo gioco, di mostrare la sua potenza. Permette uno scambio.

 

La seconda parte della giornata si è fatta più impegnativa. C’era un legame tra le relazioni di Collin e di Duroux, che ha aperto poi la discussione: una particolare attenzione per il femminismo di oggi. Il tema si presentava difficile non solo perché chiamava in causa le contraddizioni, o secondo l’espressione di Collin, le opposizioni tra donne, ma anche perché divideva le donne francesi dalle donne italiane. È emersa infatti una differenza tra il modo di abitare il mondo da parte delle francesi rispetto a quello delle italiane. Tra le donne italiane presenti, che condividevano l’esperienza della comunità filosofica e politica quale Diotima, è emerso che non è la stessa rappresentazione ideale del mondo che rende possibile una collaborazione tra donne, bensì sono le pratiche. Condividere le stesse pratiche fa nascere non solo delle relazioni significative tra donne, ma anche un nuovo mondo. Quello che chiamiamo mondo non è altro che una complessità di relazioni, che si costruiscono non a partire da idee iperuraniche ma da un sentire comune della realtà. E da una prassi politica condivisa.

Di diversa opinione e tradizione erano invece le donne francesi, le quali insistevano sulla priorità del mondo comune, sulla necessità di avere la stessa rappresentazione della realtà, la quale, poi, avrebbe messo in relazione le donne. La conclusione verso cui questa posizione si muoveva non mi trovava d’accordo: non è il mondo in sé a permettere le relazioni tra donne, bensì sono le pratiche delle donne mosse dai loro desideri che creano il mondo. Un esempio molto chiaro per me era quello stesso seminario: lo scambio, la discussione, le relazioni che si sono consolidate tra le donne francesi e italiane sono state possibili perché all’inizio di tutto c’era un desiderio; il mio desiderio e quello di Chiara era di capire il mondo, quel mondo che ci accomuna. Muoverci insieme per soddisfare questo desiderio ha creato un’occasione per le donne italiane e francesi di pensare insieme. Ha creato un mondo.

 

 

Nadia Setti è docente e direttrice di ricerca di Letterature comparate e Studi femminili del Centre de Recherche d’Etudes Féminines dell’Università di Paris VIII. Si occupa di poetica, letterature comparate femminili, questioni di scrittura e di lettura femminili, scritture migranti. Ha tradotto Antoinette Fouque, I sessi sono due, Hélène Cixous, Il teatro del cuore e Le fantasticherie della donna selvaggia.

 

Christiane Veauvy, sociologa, ricercatrice al CNRS (sociologia) e insegnante nel DESS “Genre et sexualités. Conseiller/Mediateur” (Université de Reims). I suoi interessi gravitano intorno al pensiero delle donne nel Mediterraneo, nell’intreccio tra contraddizioni e non contraddizioni. Ricordiamo tra le sue ultime pubblicazioni, Mutation d’Identités en Méditérannée e Les femmes dans l’espace public.

 

Françoise Collin, nata in Belgio, vive attualmente a Parigi. È stata una delle protagoniste del femminismo francese e ha fondato la rivista Le Cahiers du Grif. Esperta del pensiero di Maurice Blanchot, Hannah Arendt e Lévinas.

 

Françoise Duroux, studiosa di filosofia antica e interessata alle tematiche etiche e politiche. Collabora con l’Università Paris VIII. Tra i suoi scritti va ricordato Antigone ancore. Les femmes et la loi.