diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo edizione 18 - 2022

Ho Letto

Garantire la felicità

Clara Louise Roscoe, Quilt, Crazy pattern, 1894, Metropolitan Museum of Art, Public Domain

Un po’ di tempo fa, Sara Bigardi mi ha chiesto di scrivere un testo per la Rivista di Diotima che riuscisse a intrecciare dei fili di pensiero tra i preziosi contributi della presentazione del Piacere femminile è clitorideo[1] di María-Milagros Rivera Garretas, avvenuta lo scorso 4 novembre al Circolo della Rosa di Verona.

Mentre riflettevo su questa interessante proposta di scrittura e su come tenere insieme armoniosamente tanti contributi diversi, risaltando la bellezza della loro differenza, nella mia mente sono apparse le immagini variopinte e geometriche di quelle meravigliose trapunte patchwork spesso chiamate quilt, che molte donne tengono piegate con cura al riparo nei loro armadi, in attesa di uscire allo scoperto d’inverno. Queste coperte mostrano la sapienza delle mani di tante donne che ti guidano e disegnano cammini praticabili dove sia possibile mescolare materiali e colori, trovare un pattern tra i differenti quadrati di stoffa, secondo un’armonia del sentire, armonia che permette di creare disegni imprevisti e infinitamente preziosi, di una bellezza tale da togliere il fiato.

Ogni concetto, passaggio, salto guizzante di pensiero di quel giorno mi appare come uno di quei quadrati di stoffa variopinti, come farne una trapunta senza perdersi nella grande abbondanza e ricchezza delle sfumature di quel pomeriggio autunnale?

Mi viene da dire che servirebbero quelle mani abili e capaci, delle mani sapienti come quelle di mia madre, mani di donne che con un semplice filo colorato non solo riparano, ma riescono anche a  tessere relazioni, creano nuovi legami, riuscendo a tenere insieme mondi distanti che probabilmente non si sarebbero mai incontrati.

Tutti questi fili colorati preservano e risaltano le differenze nella misura dell’eccedenza femminile, sempre accompagnata dal piacere della bellezza. Per questo ho pensato di scrivere tenendo tra le dita, avvolti sulla penna, alcuni di quei fili colorati, capaci di rendere fedelmente il movimento delle parole di ognuna, cambiando la tinta della scrittura per ogni voce di quell’incontro.

Sento che quelle mani di donne capaci di creare legami nella differenza, disegni di infinito femminile, sono le stesse che, filando la lana, si muovono delicatamente nel libro di Milagros, mani caste perché clitoridee che indicano un cammino di libertà femminile immacolato, fondato sul piacere femminile.

Cogliere la connessione profonda che esiste tra l’Immacolata e il piacere clitorideo è una delle rivelazioni fondamentali del libro. Come ci ha raccontato l’autrice quel giorno:

Una delle cose importanti che il libro apporta è la presa di coscienza e l’espressione che ogni donna nasce clitoridea e vergine, e clitoridea e vergine può rimanere per tutta la vita, sia o non sia madre. La chiave sta nel non confondere l’orgasmo. Questa è un’affermazione mistica, non reificabile, non oggettivabile. Perché il primo sentire che si ha di Amore, di Dama Amore, è già mistica.

A mio avviso, Maria Zambrano confuse il piacere, quando scrisse nel suo Filosofia e Poesia che “La prima idea che si crea dell’amore è già mistica”.  Amore non è un’idea, è un sentire, sentire precisamente piacere. Non ha bisogno di Platone: la caverna, la caverna del piacere, è un’altra. E ogni piacere è della Mistica, ogni piacere appartiene al Mistero; essendo l’essere donna il mistero più importante della Natura, di ciò che è nato e sta per nascere, il suo primo mistero, mistero che ovviamente le narrazioni patriarcali hanno convertito in secondo, in secondario, e per questo sono patriarcali. All’origine di ogni piacere e di ogni vita c’è una Divina Presenza che è donna e che accompagna e ispira il vivente. Per questo, il piacere femminile è clitorideo.

Antonietta Potente ci ha consigliato di

prendere questo libro come uno scrigno da cui fuoriesce quella lingua mistica e materna, dell’origine.

Per lei

questo libro ha un sottile filo mistico; sottile non perché fragile, ma perché nascosto, perché la mistica attraversa i meandri della vita più segreta e il piacere appartiene al mistero.

Riportare la mistica nel piacere femminile apre nuove strade di felicità che smettono di separare anima e corpo in una donna,

è un libro che riunifica, è un libro che chiede di superare quel dualismo intrinseco del pensare,

secondo Antonietta Potente,

abitato da parole vive perché hanno una radice e vengono da lontano

che a lei sono arrivate come

una nuova annunciazione e, ogni annunciazione è un modo nuovo di stare nella vita.

Come ha sottolineato Stefania Ferrando, nel libro emerge

un piacere del corpo e dell’anima insieme che è sacro e intoccabile, un piacere che non va confuso né surrogato con piaceri maschili o patriarcali, imparando a riconoscere i crocevia in cui ne va di quel piacere, di scrivere, di creare, di pensare, di essere.

I crocevia abitano il testo, le parole di Milagros

riportano all’incrocio in cui altre vie sono possibili, in cui si può risentire la propria Era, ritrovare il sassolino che orienta verso un’altra strada per pensare, scrivere, imparare, insegnare con piacere. Piacere proprio, non surrogato, non di seconda mano. È un filo da seguire per ritrovare il proprio centro di potenza, energia, piacere, realtà.

Stiamo parlando del piacere

dell’anima corporea

come ha sottolineato Antonietta Potente,

il piacere è un sentire e il sentire ha a che fare con la sapienza, il sentir piacere è sapienziale, cioè propone un tipo di vita in cui siamo chiamate a gustare, per questo è un libro che porta alla gioia. Un libro per ogni età della vita, perché noi donne siamo fatte per sentir piacere: il piacere dell’anima corporea.

Nell’anima corporea di una donna il piacere è clitorideo perché siamo finalmente oltre le dicotomie, le divisioni, le separazioni; per questo, come sottolinea l’autrice,

la donna clitoridea e la donna vaginale non sono un’alternativa e, pertanto, non possono dividere noi donne. Ancor meno costituiscono un’antinomia del pensiero. Nel libro sostengo che la donna vaginale è vaginale acquisita; pertanto, più che la donna vaginale esiste la donna vaginalizzata: vaginalizzata dal contratto sessuale. Terminato il patriarcato e il suo fondamento, che è il contratto sessuale, la donna vaginalizzata risulta residuale; anche se per essercene, donne vaginali ce ne sono ancora.

La vagina non è il contrario della clitoride, nell’Era della Perla in cui l’autrice già scrive, non esiste una lotta tra clitoridee e vaginali, questo è uno scenario del Patriarcato, dove bisogna stare nella contraddizione producendo attriti e prendendo parti. L’attrito si genera quando manca la fluidità, quando manca l’acqua. Ma le ninfe, come ci ricorda nel suo testo Milagros, sono sempre umide.

Quindi quello che fa attrito non è la parola clitoride, avvolta dalle acquatiche ninfe, ma la parola vagina e la difficoltà di riuscire a sentire intimamente che è una parola inventata, prodotta ad hoc, dalla violenza della spada.

La vagina, come spiega l’autrice è

un’invenzione dell’anatomia patriarcale, anatomia che, quando si riferisce alle donne è sempre politica.

L’invenzione della vagina, come l’invenzione dell’orgasmo vaginale, non è di alcuna utilità per una donna, si limita a generarle confusione ed equivoci.

La vagina è utile esclusivamente al fallo che si percepisca come spada, la inventa per fare a pezzi e ridurre la misura di una donna, renderla più piccola, mentre lui si sente grande, per trasformarla falsamente uguale nell’orgasmo, lì nel luogo che lui ha scelto, dove lei è muta perché non sente.

La parola che ha incontrato Stefania Ferrando per descrivere questa violenza patriarcale che separa e sradica dal piacere, la parola per parlare della violenza quando diventa ermeneutica, è FRODE.

Frode è l’inganno con cui si raggira la buona fede, le aspettative, la disposizione amorosa di qualcuno: l’alunna crede che nell’università incontrerà qualcosa che conta e vale per lei, per le sue domande e il sapere di cui è in cerca, e non trova niente. Eppure, il posto era quello: così tutti le hanno detto, così le dice quella stessa istituzione. Un’università che si definisce Alma mater e usurpa quel nome, mater, nello stesso momento in cui rigetta e svilisce la lingua materna, la lingua in cui le verità e i piaceri delle donne sono dicibili. Proibisce la madre e usa il suo nome: questa è la frode dell’università e della finta uguaglianza nella conoscenza. Una doppia presa, un errore epistemologico, una frode che spacca la realtà e ti lacera coi suoi frammenti. Spacca la realtà perché tutto ti porta a credere quello che non è, che sai e senti che non è.

Questa riflessione ha aperto la possibilità nell’incontro di nominare la violenza ermeneutica a partire da sé, trovare le parole per svelarla, riconoscendo il valore immenso che sia proprio Milagros, Cattedratica Emerita di Storia Medievale, a parlare di violenza ermeneutica.

Personalmente credo che non siamo ancora riuscite a vedere sino a che punto la violenza ermeneutica sia entrata nelle nostre case, nei nostri piatti nelle nostre parole, nel femminismo stesso. Per questo insisto nell’importanza della pratica della Tabula Rasa, perché non c’è un luogo neutro in cui rifugiarsi. Stefania Ferrando ci ha raccontato che per lei,

nei primi tempi dell’università, questa esperienza si è tradotta spesso nel sentimento dell’impossibile, un’incredulità profonda: non è possibile che l’università sia questo. E ancora: non è possibile che non sia questo il posto in cui si impara a conoscere e a creare un sapere che abbia un senso per chi lo incontra. Quello che vivevo era impossibile, irreale, perché doveva essere quello il posto giusto!

È proprio una questione di realtà, dell’intreccio che lega e potenzia realtà e piacere, cosicché nel disfarsi dell’uno si disfa anche l’altra. Fisicamente, camminavo con gli occhi bassi, a guardare i piedi, per assicurarmi che almeno loro toccassero ancora qualcosa di saldo…

Per stare in quel luogo, stare al suo gioco, farsi andare bene quella realtà succedanea, di cui senti che non è quello che promette, accetti allora di fare finta, ti inganni sul piacere, «confondi l’orgasmo», frode suprema. Si è talvolta molto brave a fare quello che non si dovrebbe.

E talvolta chi scartava da quel gioco era ai miei occhi – è terribile ricordarlo – una perdente. Senza dirmi quello che stavo perdendo io, che cosa accettavo di sentir cancellato della mia voce, di quella di mia mamma, di quella di chi seguiva altre vie. Si pagano prezzi molto cari per questa cecità: il sapere si inaridisce, l’anima e la parola si ammalano. Per la rispondenza tra il piacere dell’anima e quello del corpo, quando la parola sfugge è il corpo che dice.

Per disintossicarsi dalla violenza ermeneutica ritengo necessario passare attraverso il teatro della vaginalità e riconoscere nella propria storia le parti che abbiamo interpretato: la protagonista, la comparsa, l’antagonista, la maschera…magari a volte ci siamo sottratte ai riflettori per ricoprire il ruolo di regista o coreografa.

Come ci ha raccontato Antonietta Potente

leggendo il libro ciascuna può rileggere la sua storia ma nel libro si trova la storia in generale. si capisce benissimo che Milagros, che scrive, è una storica. Ed è molto bello scoprire che è una storia viva, quotidiana; il libro è attraversato dalla storia di tante persone, di tante donne e questo per me è via di avvicinamento al Mistero. Ci sono delle storie di donne, non solo alcune mistiche, ma di altre donne meno famose, per esempio le donne che recitano il rosario. Il rosario in questo libro si coglie come una preghiera totalmente femminile, in ricordo di Colei che sta Prima di ogni prima. Far memoria di queste donne è il riscatto di quel femminismo reale, fuori da ogni violenza ermeneutica universitaria. Sono donne comuni. Milagros fa un riconoscimento prezioso di queste donne e attraverso di loro, di tutte le altre donne.

Io sento che le donne che abitano questo libro sono donne che vivono in questo mondo ma appartengo a un altro mondo, un mondo immacolato e intoccabile che non è mai stato com-preso, posseduto, preso tutto insieme, dal patriarcato. Un mondo che ognuna di noi abita e di cui è portatrice, quando ritorna a sentire il piacere clitorideo dell’anima corporea, quando ritrova il proprio centro riunificato. Un mondo dove non si confonde l’orgasmo perché qui il simbolico viene prima del taglio della spada[2], si muove a partire dall’amore per relazione, quell’amore che fluisce nella lingua materna. L’amore per la rosa che vive sempre nell’Era della Perla e che queste donne portano quotidianamente in questo mondo, nel nostro mondo, grazie alle loro pratiche preziose che instancabili continuano a filare, ricamare, cucire, tessere e intrecciare i capelli colorati della chioma della Dragona[3].

Nel tradurre questo libro ho sentito come l’amore inondi ogni pagina del testo, l’amore come politica prima, oriente e orizzonte della politica delle donne. Come ha evidenziato Antonietta Potente siamo di fronte

ad un libro d’amore per le donne, tessuto con uno sguardo molto delicato, un libro che va studiato e non solo letto e magari studiato insieme.

Per Stefania Ferrando la lettura è stata

un’esperienza luminosa dell’incontro di una verità. Leggendolo, ho pensato che stessi tenendo tra le mani uno dei libri più veri che avessi mai letto. È vero di una verità tonda e in movimento, come la spirale, non una verità che procede in linea retta, sgomitando, scontrando e inevitabilmente inciampando. Sono parole vere che nel nominare la violenza le danno un senso e aprono su altro. Qualcosa d’altro che viene prima, che è piacere e che è anche la storia di un piacere nella genealogia femminile. È infatti un piacere che trama le parole del libro, il piacere del movimento che fa accadere e in cui ti trasporta, piacere che è anche quello della scoperta e riscoperta di una realtà che è lì, sotto gli occhi, ma non è vista, come le tante conchiglie e rose nelle facciate degli edifici. Per questo, nel libro non c’è solo da capire, ma insieme da sentire ed essere. Un piacere che si sfiora e si tocca.

Secondo Antonietta Potente

il piacere che descrive Milagros è un piacere che attrae, ma anche: è il suo stesso libro che attrae a sentir piacere. Attrae perché è un piacere della profondità e non un piacere superficiale. Questo mi ricorda ciò che scriveva Maria Zambrano nel libro: Verso un sapere dell’anima dice: La profondità è un appello amoroso, per questo ogni abisso attrae. Nel libro di Milagros c’è una attrazione amorosa per noi donne, perché c’è profondità, ed è data da questa sua semplicità.

L’autrice ci ha ricordato che

Marina Rossell cantava molto tempo fa “Il corpo regge se il cuore canta”, ed è ancora valido. Perché il piacere appartiene ad una donna in prima istanza, per il suo essere donna e per il suo essere divina e origine, piacere del corpo e dell’anima inseparabili, piacere dell’anima corporea, come lo ha chiamato Antonietta Potente.  Per questo il piacere femminile è clitorideo. E né si contrappone al cosiddetto orgasmo vaginale, né tantomeno è la sua alternativa. Sappiamo che ci sono cose che si scelgono sapendo che non sono oggetto di scelta.

Aprire un luogo di pensiero che salti a piè pari le contrapposizioni per partire da sé riporta la felicità nella scrittura. Per questo, María-Milagros Rivera Garretas ci ha raccontato di non aver ricevuto critiche nei luoghi liberi dalla violenza ermeneutica,

sicuramente perché il libro non ha niente a che vedere con il pensiero critico. È un libro nato da una necessità personale, necessità che proprio perché personale non ha niente a che vedere con il pensiero critico, che è quella di portare al presente la genialità di Carla Lonzi quando nel 1971 scrisse e pubblicò La donna clitoridea e la donna vaginale. Ed è cresciuto con allegria durante quei mesi di confinamento che non credevamo potessero durare quanto durarono; la qual cosa, ingenuamente, anche se non sembra vero, ha garantito la felicità della scrittura.

Ho pensato importante che l’ultimo filo da intrecciare sia quello dell’autrice che nomina la felicità, la scommessa e l’importanza di garantire la felicità nella scrittura femminile per non perdere mai il piacere di tessere il simbolico. Garantendoci la possibilità di continuare a mettere al mondo, in questo mondo, un altro mondo.

Per concludere questo articolo sento il desiderio di sprofondare nella morbidezza vellutata del Quilt di Clara Louise Roscoe, la meravigliosa trapunta che ho scelto come immagine per accompagnarci in quella giornata autunnale di novembre; desidero sentire sulla mia pelle il tocco delle antiche sete profumate di lavanda.

Ti invito a lasciarti trasportare da questo crazy pattern che restituisce, a mio avviso, l’immensa ricchezza e la bellezza sorprendente di quel pomeriggio, con l’imprevisto regalo di alcuni passaggi di pensiero inattesi, regali arrivati grazie alla dismisura clitoridea delle donne presenti.

La sensazione di questa trapunta non mi riporta solo alla bellezza del saper creare armonia a partire dalla differenza, ma anche al calore che ti avvolge e tiene lontano il freddo, quella sensazione di casa che ti protegge, soffice e accogliente.

È possibile lasciarsi andare su quelle sete preziose senza paura di farsi male.

Questo calore e questa morbidezza, che molte donne sanno creare e condividere nell’accogliere e “fare casa” è qualcosa che ho sempre riconosciuto e trovato al Circolo della Rosa di Verona, luogo che ogni volta si è aperto generosamente e con entusiasmo a ogni mia proposta, sogno o desiderio. Sapere nel presente che Laura Sebastio e Sara Bigardi abbiamo accolto la proposta delle Socie di dare nuova linfa a questo luogo così importante, mi rende profondamente felice.

Quando ho pensato alla presentazione del libro di Milagros non ho avuto dubbi sul luogo, sia per la risonanza della Rosa che accompagna il libro e il Circolo, sia perché i libri vanno celebrati e festeggiati nei luoghi capaci di amarli, con una cura che rivela l’autenticità del desiderio e la gioia dell’incontro.

Né è dimostrazione il fatto che io e Stefania, dopo l’allegro e gustoso aperitivo alla conclusione della presentazione, non volevamo più andare via e siamo rimaste al Circolo sino a tarda serata a chiacchierare, brindare, raccontarci con le donne rimaste, scambiando fiumi di discorsi, avvolte nel piacere prezioso dello stare insieme tra donne nell’Era della Perla, come se fossimo state avvolte davvero nella trapunta di Clara Louise Roscoe.


[1]  María-Milagros Rivera Garretas, Il piacere femminile è clitorideo, trad. it. di Barbara Verzini, Madrid e Verona, Edizione indipendente, 2021. Collana A mano, 4.

[2]  Mi riferisco al taglio della spada di Marduk nell’Enuma Elish.

[3]  Il riferimento è a Tiamat, la Grande Madre, Dea del Chaos, rappresentata come una dragona.