diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo edizione 18 - 2022

Saperi circolanti

Fare spazio di Sapienza

Il lavoro corale proposto in Fare spazio di Sapienza. Storie di donne sulla via interiore parte da lontano, da uno scambio telefonico con Carla Gianotti avvenuto in una mattina di primavera, domenica di Pasqua 2019. Parliamo di uno scacco dal quale abbiamo bisogno di riprenderci.  “Perché non facciamo qualcosa che ci viene naturale? Occorre partire dal luogo in cui siamo, mantenerci fedeli al nostro impegno nel Dharma e alla scrittura.” La domanda e l’indicazione di Carla toccano un sentire sotterraneo e risvegliano una energia che sembrava bloccata, la mettono in movimento, la chiamano all’opera. Energia materna. Energia che ha bisogno di attesa paziente perché il processo iniziato possa, nel tempo lungo della gestazione, portare a compimento l’opera aprendosi senza forzare, senza accelerare, accogliendo le ansie, le incertezze, le rinunce, le prove che inevitabilmente si presentano quando un comporre si crea a più mani. Così che l’esito sarà altra cosa da ciò che si era immaginato. 

Il  lavoro di sei donne, ora reso pubblico in un libro uscito dall’editrice QuiEdit, ha origine da quell’incontro  con Carla Gianotti, incontro-seme che, nel corso del tempo, ha fatto germogliare la scoperta di esperienze in comune nel vissuto di donne impegnate nella trasmissione della Sapienza ispirata alla tradizione buddhista,  e di visioni del mondo e del femminile che si incontravano, confrontavano e risuonavano, pur nella diversità dei nostri percorsi biografici, indoli personali e tradizioni buddhiste di appartenenza. Il nostro comune interesse per il femminile e per il buddhismo è accompagnato da riflessioni e domande ancora in cerca di interlocutrici, interlocutori e di possibili nuovi svolgimenti. Da quell’inizio sino alla realizzazione dell’opera è trascorso un tempo lungo e fecondo, durante il quale ciascuna di noi ha vissuto nel suo quotidiano il proprio essere donna e la propria scelta di vita nel Dharma, con contatti e incontri tra noi che, da sporadici, si sono fatti via via più assidui e profondi. L’essere donne impegnate nell’insegnamento sapienziale, e il nostro essere immerse nel flusso esistenziale con altre donne e uomini, ci ha portato a condividere le nostre esperienze, le difficoltà, le riflessioni, le gioie, gli entusiasmi, i dubbi, le speranze, i progetti. Ci siamo riconosciute nel nostro essere figlie di madri oltre che di padri, e madri noi stesse, e sorelle, spose, amiche. 

Il progetto di scrittura, nato da Carla e da me subito abbracciato, è quello di allargare il nostro piccolo cerchio di scambio e ricerca, ad altre donne, facendolo diventare uno spazio più ampio, di maggior respiro. Voci diverse infatti arricchiscono, ciascuna con il proprio timbro, un dirsi femminile che può diventare così più udibile, con anche il desiderio di coinvolgere uomini “di buona volontà” disposti all’ascolto. A noi si sono dunque unite le voci di altre donne: Viviana Fabbri, Delfina Lusiardi, Naomi Visconti, Claudia Wellnitz. Voci di donne che conducono una vita laica, condotta fuori dai monasteri; non dunque un libro sulle grandi donne del buddhismo, figure storiche o maestre celebri e riconosciute, bensì una raccolta di esperienze di donne che nel vissuto del loro quotidiano coniugano il loro essere femminile con la pratica della Saggezza insegnata dal Buddha.

La dimensione femminile nel percorso spirituale e religioso si articola in molteplici modi, alcuni più evidenti e riconosciuti, spesso dettati da norme e abitudini, implicite ed esplicite, talvolta stereotipate, sedimentate da tempo, mentre altri modi sono più sottili e sfuggenti, soggettivi e creativi; tutti questi modi sono importanti, significativi. Come è importante, fondativo rispetto a una storia cui si appartiene, il riconoscersi anche nei significati che il corpo assume, con tutte le implicazioni biologiche, psicologiche e socio culturali ad esso intrecciate, per darsi voce autentica.  Attraverso la concretezza delle donne e delle loro vite, fatte di quotidianità, intrise di esperienze, problemi, speranze, emozioni, sentimenti, pensieri e pensiero soggettivo e condiviso, che va approfondendosi e strutturandosi, riceviamo un’ampia visione della ricchezza del mondo femminile e ricaviamo dalla condivisione di queste storie un arricchimento di esperienze spirituali che in queste vite narrate si incardina. Questa condivisione vorremmo si allargasse e approfondisse, rendendo la pratica delle donne nel Dharma più conosciuta e riconosciuta, di possibile sostegno e ispirazione per altre donne, e fonte di riflessione e collaborazione per gli uomini che avranno interesse, disponibilità e affetto per ascoltare e partecipare a un processo di cambiamento sempre più necessario e che è ora ad un livello di maturità tale da poter cambiare passo e diventare più incisivo.

Il soggetto umano, incarnato in un corpo femminile o in un corpo maschile, va compreso all’interno della complessa rete di interrelazione tra moltissimi elementi (biologici, culturali, storici, sociali, economici, religiosi, ecc.) nel quale è inserito, va compreso entro una multifattorialità, cooperante nel rendere il soggetto chi è individualmente e nel suo modo di far parte della collettività. Sempre più avanza anche nel mondo culturalmente occidentale una visione sistemica per meglio abbracciare la complessità dell’umano, analogamente a quanto da tempo e senza mai averla abbandonata, l’Oriente coltiva la consapevolezza dell’interdipendenza. Nell’Avatamsakasutra, troviamo quale immagine dell’universo la rete di Indra, dove ogni gemma è punto di intersezione tra trama e ordito dell’immensa tessitura della realtà, dove ogni gemma multi sfaccettata in ogni suo lato ne riflette ogni altra. Contemplare anche le dimensioni spirituale e religiosa dell’umano e vedere come queste possano essere influenzate e influenzare a loro volta le altre dimensioni è fondamentale per una comprensione più profonda e completa delle storie delle donne, dei modi che noi donne abbiamo soggettivamente assunto per dare quotidianamente senso alla nostra vita.

Ogni cosmogonia mitica e religiosa, fondatrice di storia di popoli e culture, contempla la copresenza di potenza maschile e femminile all’origine del mondo e degli umani. Ogni nascita necessita della partecipazione equilibrata di femminile e maschile. Eppure il prevalere di forze maschili rispetto a un originario prevalere di rappresentazioni di una sacralità femminile entro la quale erano inscritte tutte le potenzialità vitali, in una evocazione di unitaria androginia spirituale e a tutela di un equilibrio tra generi, ha portato al patriarcato, con il suo svilimento del femminile e con la subordinazione delle donne e degli uomini al principio maschile. La religione ha svolto e svolge un importantissimo ruolo non solo in ambito strettamente legato alla fede, a tutto quanto attiene al rapporto con ciò che trascende la materia, a ciò che non è direttamente verificabile con i sensi fisici, ma anche quale agente educativo e culturale. Essa è dunque, per il soggetto e per la collettività, anche una potenziale e troppo spesso effettiva complice del patriarcato.

La psicologa americana Carol Gilligan ha posto al centro della sua lunga carriera professionale lo studio dell’impatto che ha nello sviluppo della personalità l’appartenenza di genere, acquisita culturalmente oltre che data biologicamente dal sesso di nascita. Importante è infatti la distinzione che vede nel sesso un dato biologico e nel genere un concetto legato a una galassia di caratteristiche attribuite e condivise culturalmente. La studiosa segnala come il bisogno di realizzazione di sé venga sacrificato, in toto o in alcune sue parti, alle logiche di approvazione/riconoscimento, necessarie al soggetto per vivere serenamente nel proprio ambiente di appartenenza e per non esserne estromesso. Si sacrifica la verità di ciò che si sa, si vede e si sente, per non perdere la relazione con gli altri da cui dipende il proprio bisogno d’amore e riconoscimento, per il proprio poter essere accolti nella collettività.

Il lavoro di Gilligan in ambito psicologico risuona con quello della teologa cattolica Teresa Forcades in ambito religioso. Nel testo La teologia femminista nella storia Forcades esplora alcune contraddizioni alle quali si trova esposta la donna credente, contraddizioni che nella chiave di lettura di Gilligan portano alla dissociazione per mantenersi all’interno della comunità dei credenti. La prima contraddizione portata all’attenzione da Forcades è “…tra l’esperienza che una persona ha di sé stessa in relazione con Dio e l’immagine di Dio o l’interpretazione teologica che questa persona ha ricevuto.” Seguono altre contraddizioni relative alle percezioni e all’esperienza soggettive e all’interpretazione ufficiale rispetto ai testi e alle prassi religiose. A dispetto dei differenti linguaggi utilizzati da queste due Autrici, alla luce degli studi di Gilligan le segnalazioni di Forcades sono facilmente leggibili come inscritte nelle medesime dinamiche di iniziazione patriarcale al genere, che avviene anche nelle e attraverso le religioni.  Quanto segnalato da Forcades per il cattolicesimo mostra avere validità anche per altre religioni, buddhismo compreso. 

In ambito religioso, la diversità di genere ha finito per tradursi in diversità di ranghi e di ruoli svolti, così che in molte religioni alle donne sono precluse possibilità di accesso a certe pratiche, allo svolgere certe funzioni, a ricevere e dare certi insegnamenti. A mio avviso non ha lo stesso significato in base alla diversità di genere fare cose diverse rispetto al fare le stesse cose in modo diverso. Il corpo è il primo luogo del proprio essere incarnato, e come la luce passando dal prisma assume un particolare colore, così ogni incarnazione ha una sua propria macro connotazione, femminile o maschile, e le proprie uniche sfumature, come nell’unicità del timbro della voce o dell’impronta digitale. La consapevolezza di queste dinamiche, soggettive e collettive, può aiutare le donne e gli uomini a liberare la religione dal giogo del patriarcato. Non a caso la crisi del patriarcato va di pari passo con la crisi delle religioni tradizionali, mentre rigurgiti di patriarcato si associano al ritorno a forme integraliste di religione, nelle forme più rigide e misogine. La spiritualità al contrario vive ondate di rinnovamento proprio nei periodi di maggior crisi delle istituzioni religiose, veicolando in modi autonomi, fuori pista, il bisogno di senso, sia immanente che trascendente, degli esseri umani. Perché una religione sia tale contempla in essa una dimensione spirituale, la organizza in riti e credenze condivise, mentre la spiritualità quale primigenio interrogarsi e relazionarsi con i grandi temi esistenziali, soggettivi e cosmici, può vivere anche svincolata dal riconoscimento dell’autorità religiosa. Ed è dunque la spiritualità che in tempi di crisi può rincontrare la religione, rianimandola. E la spiritualità femminile mostra di essere molto viva creativa.

Le narrazioni raccolte in Fare spazio di Sapienza appartengono a donne che hanno scelto la via del Dharma, una via spirituale e religiosa vissuta nello specifico della soggettività di ciascuna, attraverso la ricchezza di approcci ed esperienze molto diverse tra loro, dove il filo conduttore che ci unisce è il nostro essere donne in cammino sulla via della Sapienza.