diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 6 - 2007

Insegnare Filosofia Forum

Dire ciò che è

Insegnare filosofia è stato ed è per me proprio quello che volevo fare, ma anche l’esito naturale di un mio processo di ricerca personale legato essenzialmente all’amore della libertà: il legame tra ricerca della libertà e insegnamento della filosofia è passato dalla necessità di ricerca della verità, cioè sentivo che non avrei potuto stare libera nel mondo (nella realtà?) se non conoscendolo; solo comprendendo  come ‘va il mondo’ potevo sperare di trovare la via della libertà. Ed ecco dunque, lo studio della filosofia, prima, e il suo insegnamento poi,  come conoscenza del mondo per viverci in modo libero.

Se questo è stato il mio passaggio all’insegnamento, è però anche la motivazione che metto nel mio lavoro: ho trovato qualcosa di importante per me e lo voglio trasmettere, lo voglio comunicare non solo anche come modo per me, per perpetuare questa ricerca continua.

Sulla base di questa motivazione, mi sono accorta che fin dall’inizio, dal punto di vista teorico, ho tenuto un punto fermo nel mio insegnamento: per me insegnare filosofia, storia della filosofia, significa mostrare come nella nostra cultura e nella nostra civiltà sia stato affrontato il nodo cruciale dell’esistenza umana, cioè il rapporto tra essere-pensiero-linguaggio; è questo il nucleo tematico che assumo come faro di orientamento nella trattazione della storia della filosofia lungo tutto il triennio; è il nucleo del simbolico che generalmente sintetizzo col “dire ciò che è”, dove cerco di interrogare, nel senso di mostrare l’apertura, di questa affermazione: che cosa significa ‘dire’, che cosa è ‘l’essere’ da dire e ‘chi’ dice….

Ecco allora che il filo storico – concettuale va dall’identità dell’essere-pensare di Parmenide alla frattura di essere-pensiero-linguaggio dei sofisti e di Gorgia, dalla disputa medioevale tra realisti e nominalisti sugli universali  a quella moderna tra razionalisti ed empiristi fino all’affermarsi del soggetto, del ‘chi’ del discorso e della parola, che dagli idealisti a Nietzsche mostra la parabola della filosofia occidentale.

Nella mia testa tutto questo è un grande affresco affascinante e compiuto: con ogni classe nuova che devo accompagnare dalla terza alla quinta, mi sembra di iniziare a tessere questo arazzo che  racconta la storia della filosofia dagli esordi fino alle soglie del ‘900,  arrivando in quinta a mostrare tutto il percorso fatto. Nonostante le buone intenzioni, non arrivo ad affrontare le filosofie del ‘900 e in genere resta la curiosità per quello che è successo in questo secolo: “Ma oggi ci sono filosofi?” è la domanda che sorge spontanea nel corso delle trattazioni.

Ed è a questo punto che inserisco in maniera più esplicita la questione filosofica del chi, del soggetto di discorso come soggetto sessuato; dico ‘in maniera esplicita’ perché mi accorgo che nella mia pratica di insegnante, la differenza sessuale agisce su piani diversi: nelle relazioni quotidiane con studenti e studentesse, la differenza sessuale è la misura dell’orientamento pedagogico, e mi accorgo che questo è chiaramente recepito; sul piano teorico mi ritrovo, invece, a fare di volta in volta delle incursioni  di carattere decostruttivo  rispetto agli argomenti trattati (es. la famiglia e della donna in Aristotele o il soggetto cartesiano e kantiano).

 

Alcune questioni che mi si presentano:

  1. la mia fascinazione per una filosofia da cui io stessa e le donne sono esclusa/e: come posso presentare queste costruzioni a ragazzi e ragazze senza essere incoerente, come giocare questa contraddizione anche sul piano teorico? oppure questa filosofia sessuata maschile ha qualcosa di significativo da dire anche a me, visto anche che tendenzialmente più ragazze che ragazzi sono interessate a questa disciplina: che cosa c’è di significativo?
  2. malamente riesco a tener insieme piano teorico e piano pratico: li gioco separatamente, faccio molta fatica a tradurre con esempi o a riportare sul piano dell’esperienza, della lingua materna, le questioni affrontate sul piano teorico;
  3. in un epoca dominata dalla tecnologia informatica, mi accorgo che comunque io mi pongo di fronte a ragazzi/e dando per scontato che loro abbiano una struttura mentale formata sulla logica aristotelica (come la mia struttura mentale), ed è come se mi ponessi il compito, attraverso l’insegnamento della storia della filosofia, di rendere loro consapevoli di queste strutture …  ma poi mi chiedo se forse  non sia proprio così, mi chiedo quale sia il loro modo di pensare, e quindi  che senso ha che insegni  la storia del pensiero occidentale…
  4. questo rimanda ad una questione già emersa: il rapporto con la cultura del passato. Quanto fermarsi sul passato costituisce una sorte di limite, di appesantimento, di “fardello” che inibisce il nuovo e quanto invece può aprire l’immaginazione rispetto alle ristrettezze del presente?

Attualmente mi sto rendendo conto della funzione dell’immaginazione in quella questione cruciale che mi guida (essere-pensiero-linguaggio) ed è in questa direzione che sto cercando la  possibilità di coniugare passato e presente e, nel presente, i diversi mondi. Sicuramente non c’è un unico mondo, ma sento anche la necessità di un qualche punto di riferimento per non cadere nella dispersione e nel completo disorientamento… E’ una direzione che ho appena  intrapreso, per ora non so dire altro ….