diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 3 - 2004

Misandria

Collezionisti. Spunti per una generalizzazione indebita

 Lo avevo già notato, però poi insegnando sono incappata nel fenomeno tante volte.

Si tratta di un comportamento dei maschi nei confronti del sapere: si incontrano facilmente ragazzi che specie nell’età dell’adolescenza sviluppano uno specialismo. Sono piccoli esperti in erba che sanno tutto di un campo di sapere che li appassiona e li assorbe.

Il più delle volte si tratta di qualcosa che riguarda la guerra, la prima guerra mondiale o la seconda di solito, o gli armamenti che avevano, o una campagna come quella italiana, oppure le uniformi, o gli elmetti o simili. Altre volte è invece uno sport: la cosa più comune è sapere tutto del calcio, formazioni storia etc, ma può essere il basket, o il motociclismo, o il ciclismo. O capita che sappiano tutto della musica ma in un certo ambito come il jazz, o il rock, o il blues. Oppure ancora sanno tutto delle macchine, o dei treni, o dei sottomarini, o delle navi. Altre volte sono campi disciplinari come le rocce, l’astronomia, gli uccelli, le formiche o simili.

L’importante è che siano forme di sapere dove ci sia modo di applicare una sorta di intelligenza classificatoria, dove ci sia molto da ricordare, e dove sia possibile esercitare un controllo su tutto l’oggetto di conoscenza, possibilmente da sfoggiare con grande stupore di chi ascolta, e dove si possa comunicare con linguaggio specialistico con una comunità scientifica di appassionati al medesimo oggetto d’amore.

A volte queste passioni giovanili si esauriscono e si spengono, così soldatini, libri, riviste finiscono nelle scatole. Altre volte sono passioni che continuano e diventano una professione. Ma molte volte quello stesso atteggiamento da specialista in erba finisce per essere mantenuto nell’ambito di studio e di lavoro scelto per l’età adulta, anche se è tutto diverso per oggetto da quel primo amore. Così si incontrano studiosi di letteratura, filosofia, storia, architettura, scienze che in realtà sono piccoli collezionisti di figurine però cresciuti. Solo che adesso sanno tutto della ricezione del pensiero hegeliano nell’alta Val di Fassa, delle sottigliezze linguistiche della poetica di Rilke, del dibattito politico economico nella repubblica di Weimar e così via distinguendo… non manca la possibilità di stupire l’uditorio con il perfetto controllo dell’argomento, né la possibilità di scambiarsi le figurine con la comunità scientifica di riferimento, e adesso ci si possono pure fare soldi e carriera.

 

Starò anche generalizzando in modo indebito, ma questa analogia mi ha fatto capire parecchie cose di come funziona la circolazione e il riconoscimento del sapere nell’ambito in cui mi muovo, sempre a disagio con il mio mazzo di figurine scompagnato che non riesco a scambiare con nessuno.

Rendendomi finalmente conto di essere poco portata a questa passione hobbystica mi sono chiesta se nella mia esperienza di ragazza avevo mai avuto qualcosa di paragonabile, e se tra noi femmine ci fosse un qualche comportamento analogo nei confronti di un sapere.

Di che cosa sapevo tutto io? Di che cosa erano specialiste le mie amiche? Le avevamo le nostre figurine? E che cosa ci scambiavamo tra noi?

Mah.. io di mio leggevo e facevo un po’ di tutto, e così continuo, in effetti, cosa che spiega alquanto dello scarso professionismo che filosoficamente mi si imputa.

Le mie piccole amiche forse sapevano qualcosa di come ci si doveva vestire o comportare, o avevano delle foto di attori e cantanti e una certa conoscenza delle loro vicende, ma niente di paragonabile per profondità e ampiezza agli specialismi dei maschi. Avevano ben altro per la testa e soprattutto nel cuore, e io con loro.

Le mie amiche cresciute spesso sono delle specialiste serie e combattive, sì, anche più in gamba dei maschi, ma non mi pare si appassionino granché allo scambio delle figurine. E comunque se anche ci mettono testa e cuore nel loro campo, continuano ad avere ben altro per la testa e nel cuore.

 

Lo spirito dei piccoli collezionisti, insomma, non mi pare infiammi il rapporto femminile con il sapere e nemmeno con la vita in genere. Se penso alle piccole collezioni che magari ci si mostrava l’un l’altra con orgoglio erano oggetti tenuti per ricordo di amori, amicizie, viaggi, emozioni, oppure graziosi feticci, teneri peluches, gioiellini, album di foto, pagine di diario, lettere, frasi. Erano piccoli bauli del tesoro.

 

Accidenti… mi guardo intorno e questo ho fatto della mia casa, forse persino della mia vita.

Qui ho accolto anche le cose che ho letto, studiato, scritto, fatto. Proprio qui mescolate alle conquiste dei tesori goduti, patiti, perduti, ai segni di quelli cercati e sognati, a tutte queste mappe del tesoro che scartabello quotidianamente per vedere dove diavolo sono finita, a quelle che ricostruisco e mi invento.

E lo chiamo filosofia…

…non devo proprio stupirmi che i bambini non vogliano giocare con me.