diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 5 - 2006

Ho Letto

“Charlotte Salomon. I colori della vita” di Katia Ricci

“Art Garantees Sanity” sono le parole di Louise Bourgeois che riecheggiano in me pagina dopo pagina del nuovo testo di Katia Ricci dedicato all’opera e alla vita, indissolubilmente legate, di Charlotte Salomon(Palomar Editore, pp. 183, € 22,00), artista tedesca della prima metà del novecento.

L’autrice in questo testo si occupa con una grande cura, dove cura richiama una costellazione di parole di amore, di ripercorrere e significare il melodramma autobiografico “Leben?oder Theater?(Vita?o Teatro?)che Salomon scrisse dopo una grave crisi di nervi.

 

Necessarie due annotazioni biografiche senza le quali sarebbe difficile l’avvicinamento alla figura di questa incredibile artista: la persecuzione dell’esercito nazista che termina con la sua morte nel 1943 ad Auschwitz alla tenera età di 26 anni; e una genealogia di donne segnata da molti suicidi: sua madre, la zia omonima e la nonna per citare i più significativi.

 

Molte sono le voci che si possono riconoscere nel canto dell’anima di Charlotte Salomon, vissuti di donne che Katia Ricci abilmente intreccia nella trama del testo per la loro comune capacità di saper tradurre creativamente la propria sofferenza e il dolore del mondo in scrittura di segni, immagini e suoni.

E così appaiono davanti a noi Etty Hillesum, Maria Zambrano, Simone Weil, Wanda Tommasi e tante altre donne che come Salomon sono riuscite a percepire la bellezza ed i “colori della vita” anche nella sventura.

 

L’artista attraverso la sua, da lei definita, opera tricolorata con musica, lascia alle generazioni future un’autobiografia assolutamente originale che rivela una enorme convinzione nella forza salvifica, terapeutica e di guarigione dell’arte.

Attraverso 1325 fogli, di cui nel testo troviamo moltissime tavole che puntualmente l’autrice segnala e commenta, l’artista continua un’incessante azione simbolica, di cura, di guarigione, di liberazione della propria identità femminile nella consapevolezza che nominare una paura permette di renderla visibile, circoscriverla, metterti in condizione di affrontarla.

Il lavoro dell’arte è quello di dare una forma esterna ad un’interiorità aggrovigliata tra i ricordi ed il presente spesso in una dimensione fantasmatica per poi riuscire a modificarla, spezzarla o ricostruirla. Cessando così di essere testimoni passive o vittime del proprio tempo grazie all’affermazione della propria esistenza simbolica.

E così grazie a questo diario scritto evocando la lingua materna Charlotte Salomon si salva dalla depressione e dal suicidio lasciando dentro di se spazio all’invasione della speranza.

 

Katia Ricci con questo testo compie una grande lavoro di tessitura di fili e genealogie femminili grazie alla circolazione di immagini e di pensiero attraverso il segno della differenza, smantellando pagina dopo pagina la possibilità dell’esistenza di un’espressione neutra nell’arte.

L’attenzione nel testo rispetto alla tematica della differenza richiama un preciso percorso di consapevolezza artistica e politica dell’autrice che si fonde con l’esperienza della stessa Charlotte Salomon che prende le distanze da una cultura estetica maschile produttrice di false immagini di figure femminili  grazie alla  creazione continua di immagini proprie di un femminile eccedente (non richiudibile) intrecciato alla vita, alle persone e alla natura.

 

In un momento storico-politico di grandi sofferenze credo che questo testo illumini una strada altra che l’autrice chiama della

r-esistenza assolutamente necessaria per chi non voglia rimanere sul fondo del pozzo[1].

 

 

 

 

[1]              Vedi Wanda Tommasi ,La scrittura del deserto. Malinconia e creatività femminile,Liguori, Napoli 2004.