diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 8 - 2009

Per altri versi

Teoria poetica del basso continuo

Il testo è edito in Anterem n°76, Verona, maggio 2008. (Estratto da  Teoria poetica del basso continuo di imminente pubblicazione)

 

Kleist

‘In una lettera Kleist dice d’aver fatto una certa scoperta nel territorio dell’arte, una scoperta importante, che avrebbe portato fondamentali chiarimenti sulla natura della poesia…’

‘Una lettera?’ dico io ‘Quale lettera?’

L’amico che mi sta parlando è un attore e non sa. Non sa proprio  in quale lettera stia questa affermazione. Non lo sa perché l’hanno raccontato anche a lui, dietro le quinte, durante una pausa della Pentesilea.

 

‘Il fatto strano’  dice l’amico ‘è che Kleist dice d’aver trovato la chiave di questi chiarimenti fondamentali nel ‘basso continuo…’

‘Nel basso continuo?’

‘ Sì ‘continua l’attore ‘ nel basso continuo. Dice così e niente altro. Non si sa come questa affermazione sia da intendere. Dice solo così: nel basso  continuo. Lo dice in quella lettera che non so che lettera sia. E poi non ne parlerà mai più. ‘ Emil Staiger (1)… dice l’amico Emil Staiger pensa che Kleist stesse studiando un procedimento aritmetico, un sistema di leggi regolate, base assoluta della creazione poetica.’

‘Questo pensa Staiger?’

‘Questo. E potrebbe anche essere, ma Kleist, in quel momento, stava andando proprio in direzione contraria. Come dire…si era sregolato…

Scompare alla vista di tutti e  brucia quel ‘misero scartafaccio’ che era, secondo lui, il suo Roberto Il Guiscardo.

‘Scompare?’.

 ‘ Sì, scompare…brucia lo scartafaccio e scompare. Gli amici e la sorella Ulrike lo cercano tra le salme della Morgue, lo cercano per un bel po’ e allìimprovviso lui ritorna a farsi vivo, con un lavoro alla camera demaniale e completamente ‘rinsavito’. Non spera più di creare opere immense davanti alle quali  il mondo dovrebbe genuflettersi, anzi. Dice di voler fare poesia così, solo per fare qualcosa. Sembra essere sceso da cavallo… E infatti si mette a scrivere in fretta velocemente, senza riflessione, ostentatamente ‘senza giudizio’. Prova a leggere La brocca infranta…Staiger sostiene  che  a quel punto Kleist diventa ai suoi stessi occhi ‘facile per disperazione’. Dice che comincia a parlare strano, con preposizioni da sonnambulo’. Come se tutto fosse crollato intorno. Come Il terremoto in Cile. Non sale più teoricamente, col discorso, anzi, abbassa, comprime, chiude storie intere in un solo periodo. Bada all’essenziale. Sta lì, come se fosse sceso da cavallo , e da lì lancia  tutt’intorno la sua ‘occhiata sprezzante’. E decide di guadagnarsi da vivere coi suoi lavori drammatici…’

 

‘E ce l’ha fatta?’ chiedo io

‘Chi lo sa’’  dice l’amico ‘Certo è che pagherà il conto alla locanda, prima di morire. Pagherà tutto.’

 

Gelido come il minerale

E’ una sera d’inverno. Ci salutiamo  l’attore e io. E comincio a  pensare… Sì, è vero, mi dico. A un certo punto della sua vita Kleist è sceso da cavallo. Del resto con La famiglia Schoffenstein aveva già dimostrato l’impossibilità di trovare qualcosa di vero solo per via di concetto … E’ chiaro, non si fida più della lingua, soprattutto di quella che s’innalza. Sta alla lettera. Scende, smonta dalla poesia. Disarcionato, da sé stesso, come Achille, come Pentesilea là nella polvere, nel teatro.

 

Protoe : ‘Ah potessimo dunque sprofondare. Non c’è più salvezza.’

 

E’ sotto gli occhi di tutti: anche Pentesilea scenderà da cavallo, scenderà nel suo stesso  seno come in un pozzo, e per se scaverà un sentimento annientante gelido come il minerale.

 

Gran Sacerdotessa: ‘Com’è fragile l’uomo, ahimè, o numi! Colei che qui giace spezzata, fino a poco fa stormiva con orgoglio sui vertici sublimi della vita.’(2)

 

Certo, è così che si conclude l’opera. A terra.

 

Kleist cerca in basso qualcosa, forse una chiave, un segno. Cerca qualcosa. Ma cosa? Il Principe di Homburg, ha la testa tra le nuvole, ma raccoglie pur sempre un guanto,  da terra. Né Il Trovatello uno dei due sosia si chiama Colino e l’altro Nicolò : anche qui Kleist colpisce basso. Ci si può fidare di una lingua così? E’ così che si distingue il nobile dal farabutto?

 

Solo numeri?

Basso, basso e continuo. Nella musica. Vado a verificare. Non c’entra niente, ma voglio verificare. Trovo : Il basso continuo era costituito da una linea melodica che il musicista scriveva, appunto, in chiave di basso e faceva da sostegno armonico a tutta la composizione. Sul rigo però non erano indicati gli accordi da suonare insieme alle note del basso, ma solo numeri, che davano allo strumentista indicazioni su come improvvisare.

Del resto anche a me è capitato. Anche a me è capitato, Da piccola…. Seduta sulla panca d’una chiesa anche a me è capitato di sentire sotto sotto a una musica in salita verso Dio, qualcosa di basso e ripetuto, anche un po’ ossessivo, qualcosa che si poteva misurare facilmente, qualcosa di molto imparentato al battito del cuore….

 

Sotto sotto in quella musica alta c’era qualcosa di tenace e ostinato, un grumo di evidenza e di mistero… Come in me. Si trattava di qualcosa di nascosto in tutti quelli seduti su una panca, e non in quegli altri là, sull’altare.

 

Quest’idea del basso continuo è certamente idea misteriosa e certamente zoppa. Ma ben venga: la eleggo a piano a cui appoggiarmi procedendo nell’inesplorato.

 

In basso, nel pericolo

In basso, nel pericolo  e nella fragilità comincia la rivoluzione del linguaggio poetico. Con quella lingua come appoggio, penso, si può  parlare e procedere con minor danno. E’ il linguaggio del battito cardiaco, con qualche inciampo, prima del discorso. E’ il linguaggio più vicino all’agire. Lì succede qualcosa..Si mangia, si beve, si parla di sostentamento. C’è qualcosa di vivente, un battito a cui si attiene, nel suo scorrere, anche il tempo.

PROVO A METTERMI UNA MANO SUL CUORE

A partire dalla culla fino all’orizzonte al  basso di quel battito continuo

si accorda l’altezza e la profondità dei casi, la varietà dei popoli.

Sì, con la mano sul cuore torno indietro, rinnovo un piccolo giuramento: qualcosa della poesia deve restare in basso, nel pericolo, perché è proprio quel basso a indicarne l’altezza. Pensate a una moneta. Pensate a una moneta che cade a terra in un cappello. Pensate al gesto del giocoliere o meglio al gesto furtivo di un’elemosina fra piccoli.

 

Gravità

Cammino verso casa. La poesia obbedisce alla legge di gravità? Certo ha un suo modo di aderire a un preciso punto della terra, proprio a quello, e non a un altro. Ha un suo modo di tendere al paese di nascita, là dove per ‘paese’ si intende proprio la zona oscura da cui piangendo, siamo emersi.

Là, in quel buio c’era qualcosa come un passo nell’acqua, un suono, una pelle, qualcosa che ora ricorda un tamburo lontano…ma non è un tamburo. Cosa ricorda? Non so. Sembra. Suona piuttosto come la voce d’un parente lontano, ascoltato nel sonno con la testa sotto il cuscino. Sembra il volto dell’innamorato, quando ancora è sotto la maschera. E’ come una finestra che sbatte dietro la tenda. Somiglia alla misteriosa evidenza d’una serie allineata d’oggetti, dimenticata oltre un velo. Si ritrova  in ogni doppio, in ogni replica, ha una prossimità coi morti. E’ qualcosa come un movimento appena sopra o appena sotto la faccia della terra, sì, è qualcosa del genere, e si ostina nell’andare, nel procedere del passo. Sicuramente ha qualcosa a che fare con la misura, con il piede. Glielo dirò, all’amico la prossima volta. E’ il sotto che stabilisce il sopra. C’è qualcosa di così ostinato anche nel respiro di chi è disteso, e dorme: Forse sta fronteggiando un dolore. Basso, ostinato è il carattere che fronteggia il dolore, basso e continuo è il pensiero che abita la parola come se fosse la sua casa, la sua terra

 

Istruiti da un battito

E’ così che un essere umano istruito da un battito  nel suo andare si trascende e coincide esattamente col suo passo. Come ne La brocca Infranta (3)… e chissà chi è stato a romperla.

 

Walter

Ditemi , signori, c’è qualcuno qui in paese che abbia i piedi deformati?

Lucio

Ma! Eppure sì, ci deve essere qualcuno qui a Huisum…

Walter

Chi è?

Lucio

Non vorreste domandarlo al giudice?

Walter

Al giudice Adamo?

Adamo

A me non risulta. Sono da dieci anni qui in ufficio a Huisum e, per quanto io sappia tutti sono cresciuti bene

Walter a Lucio

A chi alludevate?

Marta

Oh, via! Tirate fuori codesti piedi! Perché li nascondete imbarazzato, sotto la tavola? Si direbbe quasi che quella traccia in terra

l’abbiate lasciata proprio voi!

 

Voi? Voi chi? Persa in questi pensieri ho camminato tanto e  adesso sono davanti a casa, entro.

 

 

(1)Heinrich Von Kleist Opere (Volume I) a cura di Ervino Pocar. Introduzione di Emil Staiger, Guanda, Milano 1980

Heinrich Von Kleist,  Pentesilea in Opere (Volume I) a cura di Ervino Pocar. Introduzione di Emil Staiger, Guanda, Milano 1980

(2) Heinrich Von Kleist, La brocca infranta in Opere (Volume I) a cura di Ervino Pocar. Introduzione di Emil Staiger, Guanda, Milano 1980

 

 

 

POESIE PER LA MUSICA

di Ida Travi

da La corsa dei fuochi in cofanetto con L’aspetto orale della poesia, Moretti&Vitali 2007

 

 

(Sali sulla piccola altura)

 

 

Vedo un cuore strisciare sui gomiti, per terra.

Ci sono tre stanze, intorno a un cortile di pietra

 

Ma dimmi chi vedi salire.

 

Vedo il contadino che esce dal suo secolo

e piano fa ruotare il suo mantello

porta il lume.

 

Tu fingi di guardare e io ci credo,

voi del mondo siete tutti pazzi, voi del sogno

fate sempre così.

 

 

(Ogni volta che torna)

 

Ogni volta che torna porta con sé il vaiolo, i rami sono fermi

duri nel ghiaccio grigio – oh dio – parlo come una statua

 

Là colombelle di neve, la mano senza il palmo le richiama

 

Non fare così quando torni a casa

così diventi il corvo che va via

 

Lui apre il vetro, lei scosta la tenda

 

Non respirare quando torni a casa, tu fai entrare l’ombra che va via

 

Non è colpa mia. È il cielo che butta i parenti per terra

– l’ho visto – ha buttato i parenti per terra.

(campana, ascoltami)

 

Campana, ascoltami, i popoli di sotto

vogliono venire su da te

chiedono di entrare in casa tua

 

Io non parlo per me, parlo per loro

 

Loro hanno un messaggio per i morti. E vogliono portarlo

su alla torre. Campana dei morti, campana dei fratelli rispondete, i popoli di sotto sono tutti esangui

 

Io non parlo per me, parlo per loro

 

Campana dei morti, campana dei cugini, rispondete!

 

Come canta, come canta la voce nella sera, la donna

è in mezzo al campo, e chiama, chiama.

 

 

(la pietà)

 

se ne vanno via, gli alberi, gli uccelli, il mare

tutti i fiumi della terra, tutti se ne vanno via

tutti – ma tutti – se ne vanno via

 

Nell’inverno, quando il bianco governa la città perduta,

quando il bianco governa la città perduta

una lampada, un lume a due braccia

fa luce in un angolo, nell’angolo

i bianchi gabbiani migratori non avevano mai visto

una luce così

 

( Poesie in scena al Teatro Romano di Verona, nel giugno 2003, voce recitante Patricia Zanco, voce cantante Antonella Ruggiero e al Teatro Camploy di Verona, nel febbraio 2008, voce recitante Daria Anfelli, voce cantante Patrizia Simone. Musica di Andrea Mannucci. Partiture edite Suvini&Zerboni-SugarMusic 2003)