diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 9 - 2010

Lingua dell'altro

Scambi di religione vissuta

Lo scambio tra persone di varia provenienza è necessario e può mettere in movimento molte cose. Ma ciò che ci si presenta come “Dialogo interreligioso” spesso è molto noioso: sul podio sono seduti i cosiddetti rappresentanti delle diverse religioni che presentano agli altri e al pubblico le loro religioni. Quando hanno finito di parlare spesso non rimane più tempo per uno scambio di esperienza. A volte, dopo una serata di questo genere, torniamo a casa con qualche stimolo nuovo perché una volta in più abbiamo dato ascolto agli altri. Ma può anche succedere che io sia seccata e mi senta a disagio: anche se è vero che ciò che illustra il prete o la teologa che rappresenta la mia religione corrisponde correttamente alle definizioni presenti in un manuale, tuttavia ciò che dice non ha nemmeno da lontano sfiorato le mie esperienze quotidiane.

Ciò che sono, secondo l’opinione degli esperti, “l’ebraismo” oppure il “cristianesimo” lo avrei anche potuto cercare in Wikipedia…

 

Rappresentanti delle religioni?

Che cosa è un “Rappresentante di religione”? Di solito si intende un esperto, a volte anche un’esperta, che si sono formati in un’istituzione ufficiale studiando la loro religione: un imam, un rabbino oppure una sacerdote. Questi esperti sono molto abili ad usare i giochi linguistici della religione ufficiale. Sono esperti anche nella dogmatica, nella storia e nella liturgia. Sono capaci, inoltre, di parlare in modo adeguato e sciolto perché non devono cercare, con fatica e piacere, le parole adatte ad esprimere le loro esperienze. Prendono, invece, le parole e i modi di dire dalla tradizione senza modificarle. Ma siamo sicuri che loro sappiano quali sensazioni produce la dicitura ufficiale della religione da loro “rappresentata” in donne, uomini e bambini, magari non particolarmente religiosi? Persone che forse sono battezzate oppure circoncise, che hanno frequentato l’insegnamento della religione, che credono, in qualche modo, in un essere superiore, oppure nell’esistenza di energie positive, ma che non frequentano quasi mai una funzione religiosa? Lo sa l’esperto proveniente dalle sfere accademiche come si sentono le donne che sono in lotta con la loro religione perché, da un lato, non la vogliono abbandonare e, dall’altro, non riescono ad accettare molte cose: per esempio il divieto del sacerdozio femminile, l’immagine divina esclusivamente maschile, l’impermeabilità del linguaggio della tradizione che sembra non lasciare nessuno spazio per le parole che esprimono la propria esperienza?

E’ davvero possibile che qualcuno possa “rappresentare” una religione per  altri?

 

 

La ricerca del senso nella vita quotidiana come comune punto di partenza

La maggior parte delle persone, forse addirittura tutte, sono continuamente, e soprattutto in situazioni di crisi e in periodi di transizione, in ricerca del senso della loro esistenza nel mondo. A volte sono aiutate dalla loro provenienza religiosa, per esempio da un centro islamico nel luogo dove vivono, oppure da un libro o da un seminario di teologia. A volte no. Allora si allontanano dalla loro comunità religiosa oppure si disperano, si adeguano contro voglia oppure seguono le visioni new age. La maggior parte di loro troverà prima o poi delle risposte più o meno consone. Molte persone passano da una risposta a un’altra oppure prendono in prestito frammenti di un’altra confessione. Solo pochissime persone vivono precisamente secondo i dogmi come sono scritti nei manuali della propria religione d’origine. E sono proprio le donne che pensano con la loro testa a dover confezionarsi delle risposte più consone a loro perché non riescono ad andare avanti con una visione patriarcale del mondo com’è contenuta in quasi tutti i dogmi.

In fondo è chiaro da tempo che la maggior parte delle persone non sa che farsene di questi dialoghi portati avanti dai rappresentanti religiosi, perché le religioni si sono moltiplicate, mescolate ed individualizzate e perché le versioni ufficiali hanno ormai poco contatto con la vita e la lingua della gente. Talvolta disturbano perfino il loro svolgersi. Entrare in dialogo con l’altro in un modo diverso, al di qua delle tavole rotonde fra esperti/e, in fondo non sarebbe nemmeno così difficile: in un dialogo e in uno scambio che io chiamerei provvisoriamente “dialogo inter-vissuto”.

 

 

Dialoghi di religione vissuta

Già da tempo sono in corso questi processi dialogici inter-vissuto: una giovane ebrea di Los Angeles, per esempio, si è sposata con uno svizzero cattolico. I loro bambini frequentano la scuola primaria e desiderano un albero di natale ma stanno arrivando i nonni americani che si aspettano un bel festeggiamento del Hanukkah. Cosa si deve fare? Bisogna inventarsi qualcosa di nuovo che soddisfi tutte e tutti e che metta in un rapporto vitale tutte le componenti della famiglia, e forse anche i vicini di casa, al di là dei confini delle lingue, delle nazioni, delle generazioni e delle religioni. Dare forma a una festa inter-religiosa, pluri-lingue, inter-nazionale e inter-generazionale è un vero lavoro di creazione. Esistono molti luoghi nei quali questo lavoro si sta già facendo: nelle scuole, nei collegi, nelle parrocchie, nei centri di accoglienza per i rifugiati. E questo lavoro potrebbe diventare il punto di partenza e anche il centro di questi dialoghi inter-vissuto nei quali non si confrontano più le dottrine in sé concluse, gelose dei loro confini, ma in cui si cercano risposte alle domande di senso e di orientamento. Insieme potremmo interrogare le nostre tradizioni: che cosa ne sappiamo? Ne sappiamo davvero qualcosa? Quali frammenti e fratture della dottrina ufficiale ci sono di aiuto nelle situazioni concrete? Che rapporto abbiamo con i rituali classici? Sono trasformabili ed aperti all’ospitalità? Come posso rivitalizzare la saggezza delle mie antenate e dei miei antenati senza escludere le mie vicine di casa? Quali parole sono adatte per le mie e le nostre esperienze e devo forse inventarne delle nuove?

 

Gli esperti dell’ambito religioso potrebbero, però, avere un ruolo importante in questi dialoghi di religione vissuta, ma non come “rappresentanti” bensì come levatrici che accompagnano in modo esperto ed attento la nascita dell’attenzione ad un senso postpatriarcale.