diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 7 - 2008

Insegnare Filosofia

Motivazioni per un nuovo libro di testo di Storia dell’Arte

Il manuale che propongo parte dalla consapevolezza che il mondo è abitato da uomini e donne, che in modi diversi e in relazione tra di loro vi hanno agito, pensato e hanno inventato linguaggi per esprimersi e comunicare.

 

La Storia dell’Arte, come ancora oggi si apprende a scuola, appare un percorso che unisce una grande personalità all’altra: Michelangelo apre la strada a Caravaggio, Monet precede Cezanne, che anticipa Picasso, che, attraverso altri artisti, avrà influenza su Pollock. E’ un esempio questo del canone della Storia dell’Arte occidentale, che fino ad anni recenti ha dominato e ancora sta dominando il sapere artistico. Nella linea di continuità che collega un genio creatore all’altro, quasi del tutto assenti le donne, considerate “magnifiche eccezioni”, sia perché di numero irrilevante sia perché vengono isolate dal contesto delle altre donne.

Fin dagli anni ’70 del Novecento, il movimento femminista ha posto il problema di far rivivere scrittrici, pensatrici e artiste del passato, la cui memoria era stata cancellata. La famosa mostra americana Le grandi pittrici 1550-1950, a cura di Ann Sutherland Harris e Linda Nochlin (catalogo Feltrinelli, 1979) nacque proprio per la pressione di donne e artiste che chiesero al Los Angeles County Museum of Art di avere spazio nelle gallerie. Da allora studi sempre più numerosi da parte di singole studiose, che operavano nelle università americane, a cui, in seguito si aggiunsero anche studiose europee e poi italiane, hanno portato alla luce artiste, che hanno operato in ogni periodo della storia, apportando contributi originali allo sviluppo dell’arte. Inoltre importanti rassegne internazionali da Documenta di Kassel alla Biennale di Venezia mostrano con sempre maggiore chiarezza l’apporto delle donne sia a livello della produzione artistica, sia a livello della critica d’arte.

C’è un divario assai grande, dunque, tra il cambiamento della condizione femminile generale, sociale, culturale, economica e simbolica, che, almeno in Occidente, è salvaguardata anche dalle leggi, e il modo in cui si apprende e si insegna l’arte nelle scuole. Infatti assolutamente scarsa o nulla, la presenza di artiste citate nei libri di Storia dell’Arte. Di conseguenza, l’idea che gli studenti e le studentesse delle scuole italiane hanno è che non ci sono state artiste, tranne due o tre, Sofonisba Anguissola, Artemisia Gentileschi, Rosalba Carriera e, per il Novecento, Frida Kalho e poche altre. La famosa domanda “come mai non ci sono state artiste, meno che mai grandi, nella Storia?” in realtà va trasformata nella domanda seguente: “Perché non si parla delle artiste e perché non vengono considerate grandi in maggior numero?”

La convinzione della scarsa presenza di artiste porta a due gravi conseguenze: la falsificazione della verità storica, e la presentazione di modelli femminili deboli, o addirittura inesistenti. Con chi possono identificarsi le ragazze? Con quale immagine delle donne possono rapportarsi i ragazzi? Le une e gli altri sono lasciati a immagini e modelli visivi non certo edificanti, come quelli che passano attraverso i cosiddetti media. Ha poco pregio l’osservazione che la Storia dell’Arte è piena di immagini femminili: è vero, ma non si tratta di figure attraverso le quali le donne hanno espresso ed elaborato proprie immagini, ma di proiezioni dell’immaginario maschile elaborate da uomini. E qui veniamo alla seconda questione. La Storia dell’Arte, come comunemente è raccontata nei manuali scolastici, presenta quello artistico come un linguaggio disincarnato e neutro, non come espressione del modo singolare, in cui uomini in carne e ossa delle varie epoche storiche hanno espresso la propria visione estetica in relazione con altre espressioni artistiche, filosofiche, letterarie, altrettanto incarnate, di uomini che sono vissuti in particolari contesti storici.

Certo ci sono state egemonie e sopraffazioni degli uni sulle altre, ma non in maniera statica. E’ sempre stata possibile una qualche invenzione da parte delle donne per segnalare atti di libertà e di consapevolezza. L’arte ce ne offre esempi: Mary Cassatt o Berthe Morisot in un periodo in cui era difficile per le artiste girare liberamente per Parigi, come facevano i colleghi uomini impressionisti, che, dipingendo ein plain air, catturavano sensazioni visive del traffico e della vita quotidiana di una città moderna, riuscivano a ritrarre con la stessa immediatezza e vivacità stati d’animo e relazioni interpersonali, dandoci uno scorcio della vita moderna, di nuove idee e punti di vista, pur rappresentando ambienti domestici.

Non sono mancati uomini, che hanno saputo mettersi in dialogo con il mondo femminile, anche in periodi, come il Rinascimento, che è stato segnato dal simbolico maschile più di altri. Penso, per esempio a opere che trascendono la visione stereotipata che la storia dell’arte tramanda. Come non percepire, ad esempio, che Leonardo nel Cartone di Sant’Anna con la Vergine, il Bambino e San Giovannino, rievoca una dimensione affettiva, intima, antica, attraverso quella che molte e molti chiamano lingua materna? Al contrario,  il disegno dell’uomo derivato dal De Architectura di Vitruvio, dove la divaricazione delle braccia e delle gambe è rapportata ad un quadrato e ad un cerchio, rappresenta la concezione maschile, egemone in quei tempi, dell’uomo come centro dell’universo e misura di tutte le cose. Lo stesso artista, dunque, a seconda di situazioni, contesti e committenti, può esprimere visioni diverse; metterle in luce può servire a rendere il senso della complessità delle reazioni umane e contribuire a superare l’idea di un mondo staticamente diviso in ruoli e concezioni fisse, in cui gli uomini siano sempre sopraffattori e le donne sopraffatte.

Penso che un nuovo manuale di Storia dell’Arte, però, non debba opporre alla concezione tutt’ora egemone, un’altra totalizzante e chiusa. Per scongiurare tale pericolo, dovrà sollecitare il rapporto con le opere. Indispensabile è la mediazione delle e degli insegnanti, per attivare il confronto tra studenti. Leggere un’opera d’arte significa anche conoscere qualcosa di sé e fare esperienza di libertà, tenendo conto di altri punti di vista, in modo che l’opera d’arte non sia un pretesto per esprimere il prrio io, ma un ponteverso l’altro.

Tre, dunque, i percorsi principali per un nuovo libro di testo:

recupero di artiste, che nelle varie epoche hanno operato anche con successo, cancellate da riscritture e sintesi fatte successivamente, e che sono state riportate alla luce da recenti studi;

svelamento di un punto di vista apparentemente neutro, che sembra inclusivo di uomini e donne e che invece rappresenta il solo punto di vista maschile;

attenzione al dialogo tra artisti e artiste e al contributo che hanno dato all’arte nello scambio delle reciproche invenzioni linguistiche.

Per i periodi per i quali non abbiamo notizie certe dell’attività di artiste, per esempio, quello della Grecia antica, dove è possibile si darà conto delle indicazioni e tracce contenute in fonti documentarie e, comunque, si faranno ipotesi sui motivi della mancanza.