diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 8 - 2009

La più bella del mondo

L’esperienza…Miss Italia

Miss Italia è qualcosa di ben noto a tutti. Evoca sensazioni più o meno belle, a volte anche nulla ma resta pur sempre un appuntamento fisso e per certi versi anche atteso. E lo stesso è sempre stato anche per me. Ricordo da bambina che incantata passavo le serate seduta davanti la tv a guardare queste ragazze, ai miei occhi magnifiche come principesse, sfilare lungo la passerella con morbide e sinuose movenze evocando in me un sogno condiviso da tante bambine della mia età: essere li’ da grande. Poi sono cresciuta, qualche brufoletto qua e là, culotte de cheval un po’ troppo pronunciate, l’altezza che non si è proprio sprecata ma soprattutto un immenso desiderio di studiare e seguire un sogno diverso. Ma io a Miss Italia ci sono stata lo stesso. Ebbene si, come “addetta ai lavori” precisamente come truccatrice. Questo è quello che hanno scritto sul mio pass, la magica carta che permette l’accesso ad ogni retroscena, la chiave per vedere quello che la gente comune vorrebbe ma non può, una sorta di gioiello che porti al collo e tutti ti guardano affascinati facendoti sentire diversa, quasi Miss.

L’avventura che mi ha portato a Miss Italia ha avuto inizio il 1 Settembre 2008. Per una settimana ho visto e vissuto i ritmi delle Miss, le ansie, le paure, le indifferenze, le frenesie, gli attacchi isterici e quelli di pianto. Insomma tutto, tranne i pasti e il dormire. La settimana in questione ha visto la selezione da duecentoventi partecipanti a cento più due riserve, vale a dire le ragazze che poi si sono viste in tv su Rai Uno. La prima settimana a Salsomaggiore è quella decisiva per il trampolino della diretta che, vincitrici o meno poi se ne esca, resta comunque una vetrina incredibile per il mondo dello spettacolo. Non sapevo bene cosa mi aspettasse, sapevo solo che per quanto riguardava il nostro staff di truccatori tecnici, il make up doveva essere uguale per tutte, qualcosa di molto naturale, che non correggesse eventuali difetti morfologici ma solo risaltasse l’intensità degli occhi, un bel lucido alle labbra, fondotinta e fard per guance dal colorito sano, quello che in gergo tecnico il nostro make up artist chiamava più finemente matinée. Il primo giorno sveglia all’alba, noi come le miss che per tre settimane abbiamo subito i ritmi frenetici di una giuria tecnica la quale, giorno dopo giorno, cambiava programma a seconda dei desideri o di qualsiasi altra cosa girasse loro per la testa. Ma fa parte del gioco dello spettacolo, nulla è preciso, tutto è scandito dalle decisioni che vengono dall’alto, decisioni che cambiano continuamente e repentinamente. So solo che ogni giorno, ad ogni ora, ci trovavamo con borse alla mano a correre da una parte all’altra dietro le lunghissime gambe delle miss per assisterle nel fatidico ritocco trucco pre-sfilata, intervista, servizio fotografico. Come se quel ritocco di fard alle guance o di lucido alle labbra fosse l’elemento essenziale per la riuscita della foto o dell’intervista. Non contava il loro viso, il sorriso, il modo di pensare ma solo il gloss. Rimanevo sempre interdetta davanti alle insistenze di centinaia di ragazze che accerchiandomi, facendomi mancare l’aria, mi imploravano quasi piangenti di avere un lucido, un pennello, una matita per sistemarsi. Insicurezza, ansia, paura? Certo, ma come non biasimarle, infondo stiamo pur sempre parlando di un concorso di bellezza per ragazze molto giovani che non hanno ancora avuto il tempo di costruirsi del tutto e trovare la loro strada. La giovinezza è strettamente legata ai sogni e a quell’incertezza per il domani che a volte ci porta a cercare di tutto finchè non troviamo quel qualcosa che accende una scintilla dentro e a cui dedichiamo tutta la nostra vita. Non posso dire che per le ragazze l’unico traguardo fosse vincere il concorso, moltissime nella loro vita si dedicano agli studi o al lavoro ma in quel preciso momento per loro la strada era quella, con più o meno convinzione, ogni attimo poteva essere un passo in più verso la scala del successo, effimero quanto si voglia, ma ai loro occhi possibile avventura di vita.

 

Quattrocentoquaranta gambe di una lunghezza mai vista!

Ogni mattina presto appuntamento con la prova trucco e parrucco, noi dovevano arrivare prima, preparare la postazione con tutto l’occorrente e poi attendere. Matite e pennelli alla mano, eravamo tutti sull’attenti in una sorta di posizione di combattimento nell’attesa che la grande porta blu della sala trucco si spalancasse e da li, come le onde del mare in piena, ecco loro, le Miss, altissime, magrissime e con bikini imbarazzanti correre verso ognuna di noi, più addormentate che sorridenti, per essere truccate. Non nascondo che il primo giorno l’impatto è stato strano, non mi era mai capitato di vedere quattrocentoquaranta gambe camminare tutte insieme, una lunghezza mai vista prima, ne ignoravo proprio l’esistenza. Certo, vedere grandi attrici o modelle alla televisione o sui giornali è quotidianità, ma il mezzo crea comunque distacco con una realtà che, quando ti appare davanti gli occhi in tutta la sua maestosità, è quasi inquietante. Anche se sicuramente in questo caso una variabile di non poco conto era anche il numero: quattrocentoquaranta. Ma è in questi casi che vecchi detti popolari come “il buon vino sta nella botte piccola” possono risultare molto utili per l’autostima. Superato il primo impatto, si è iniziato a lavorare e a quel punto la dimensione è completamente cambiata, non vedevo più le gambe lunghe, i corpi scolpiti, l’assenza di un grammo di cellulite ma vedevo solo i loro visi e il mio lavoro. Lavoro che le esaltava, una dopo l’altra, in quella bellezza fisica di cui la natura gli aveva fatto gratuitamente dono. Anche se immersa in tanta perfezione anche questa è passata in secondo piano, è diventata oserei dire normalità, come se essere lì portasse naturalmente con sé la condizione di essere avvolta da una bellezza che non era più singola di ogni ragazza ma propria del momento, una bellezza in un senso superiore, che si respirava, che passava tra le mie mani truccando, tra le spazzole dei parrucchieri pettinando e tra le finestre per diffondersi nel piccolo paesino di Salsomaggiore Terme. La bellezza viveva a se stante. Il tempo che potevo trascorrere con ogni ragazza era decisamente poco, dieci, quindici minuti massimo, un tempo troppo breve per conoscerle bene e quindi ogni incontro si riduceva a poche battute. Ma per quanto fugaci, erano incontri sempre molto interessanti, la maggior parte ragazze giovanissime con qualche anno di liceo alle spalle o al massimo al primo anno di università, altre invece già lavoravano. Tutte però erano accomunate dal desiderio di fare un’esperienza nuova, arricchente grazie le nuove amicizie e ai tanti insegnamenti, e che potesse dare un pizzico di pepe alla loro vita che comunque restava sempre, con la sua magnifica quotidianità al di fuori di quelle settimane, il fulcro del loro essere. Ho incontrato pochissime ragazze che puntavano tutto sul concorso, la maggior parte avevano comunque i piedi per terra, la consapevolezza che non era un competizione facile e che la vita non si riduce al parere tecnico di una giuria di bellezza. Quindi presumo che le ragazze eliminate dal concorso siano tornate alla loro vita di tutti i giorni ma con il loro piccolo momento di gloria in tasca e tante compagne di viaggio nel cuore.

 

Ragazze taglia 44

Vivere questa esperienza mi ha permesso di vedere da vicino un mondo prima conosciuto grazie il solo occhio mediatico. Non mi ero mai trovata dall’altra parte dello schermo, nella condizione di essere un elemento dell’ingranaggio che permette la messa in onda di una trasmissione. Una cosa mi ha stupito molto e mi ha fatto capire come le dinamiche che viviamo nella nostra vita quotidiana siano le stesse che caratterizzano anche il mondo mediatico. Quante volte ci è capitato di essere presenti in un in un luogo in un determinato momento e poi scoprire, qualche giorno dopo, che proprio lì e in quell’attimo è accaduto qualcosa di cui noi, che c’eravamo, non ci siamo nemmeno accorti? Ecco, lo stesso mi è accaduto a Miss Italia. Mi riferisco alla critica sollevata quest’anno per l’eliminazione di una ragazza taglia 44, cosa che agli gli addetti ai lavori come me era ignota finchè tornati casa non abbiamo preso un giornale in mano. Sappiamo bene come ogni anno il concorso sia al centro di polemiche per l’eccessiva magrezza delle ragazze partecipanti, specie se consideriamo il fatto provato che lo schermo ingrassa. Effettivamente la magrezza regna sovrana anche se quest’anno, a differenza degli scorsi, è stato constatato come la fisicità apparisse più sana, una magrezza legata allo sport e al mangiar bene, non al digiuno forzato. E credo questo rappresenti già un passo in avanti rispetto anni in cui corpi debilitati venivano ostentati come il canone assoluto della perfezione fisica. Resta comunque il fatto che anche quest’anno le polemiche non sono mancate, non tanto per la magrezza ma per l’eliminazione di una ragazza con una taglia considerata over rispetto i canoni del concorso. Una strategia nuova, un inno, questa volta indiretto, alla taglia 40. La giuria tecnica si è difesa affermando che “la commissione tecnica è come un papà per le ragazze e si permette di fare delle osservazioni per migliorare il loro aspetto fisico. E’ vero, le hanno detto dimagrisci un poco, ma era solo un suggerimento”[1]. Non so al posto di quella ragazza chi avrebbe preso come suggerimento un’affermazione tale specie nel contesto di un concorso di bellezza. A suo sostegno Enrico Luccherini, il più famoso tra i press agent cinematografici italiani nonché presidente della giuria di Miss Italia, ha lanciato una provocazione: “La Miss Italia 2008 ideale? Mi piacerebbe premere un bottone e vedere saltare fuori una ragazza con le gambe di Silvana Mangano, il punto vita di Sophia Loren, il seno di Francesca Dellera e la faccia di Lucia Bosè. Un incrocio genetico del meglio della bellezza italiana”[2]. E magari fosse veramente così nel mondo dello spettacolo, a maggior ragione in un concorso che, come il nome stesso dice, dovrebbe eleggere una ragazza che incarni i canoni comuni di tante donne italiane sana, genuina, semplice, solare; insomma dovrebbe vincere la ragazza della porta accanto e soprattutto con qualche rotondità. Se guardiamo ai canoni di bellezza del corpo femminile coinvolgendo l’arte, il cinema e il mondo del prét-à-porter, possiamo vedere come negli anni sia andato a modificarsi l’ideale di bellezza femminile, a mio parere in peggio, esaltando qualcosa che non appartiene alla normalità di noi donne. Per esempio, partiamo dai dipinti di Rubens che, con la sua pittura barocca, raffigura donne con corpi molto arrotondati e floridi, poi il fisico morbido e sinuoso di Marylin Monroe, icona di bellezza degli nostri anni ’50 per poi arrivare alle attuali modelle di una magrezza ai limiti del possibile. L’immagine che abbiamo di noi, quella corporea, è strettamente legata a molti fattori che con l’estetica hanno ben poco a che fare; infatti non viene delineata soltanto dal nostro corpo riflesso, ma soprattutto da come ci giudichiamo e veniamo giudicati. E’ chiaro quindi che l’immagine corporea non è strettamente legata al peso, ma scaturisce dall’incrocio di molti elementi come le emozioni, i sentimenti, le influenze sociali e culturali. Allo stesso tempo, il nostro comportamento, le nostre scelte, la nostra vita, sono influenzate dalla nostra immagine corporea.

Non sono pensieri retorici ma dati di fatto che grazie il mio lavoro nel settore dell’estetica ho la fortuna di vedere ed osservare in continuazione. Come un dato di fatto è l’aspirazione generale ad uno stereotipo corporeo a cui il martellamento dei media ha, più o meno consapevolmente, portato la società d’oggi. Sono una costante le richieste di donne che, alla ricerca di una bellezza stile “velina” o attrice del jet set internazionale, pretendono risultati assurdi e che spesso non si addicono alla struttura fisica e morfologica di che li richiede. E a quel punto intervengono altri elementi per capire la motivazioni di certe richieste. Cerco in genere all’inizio del mio lavoro di far parlare la persona, di creare un’empatia che la porti a fidarsi di me in quanto sua interlocutrice. Spesso si scopre che in realtà, dietro la ricerca di un canone stereotipato del proprio corpo, vi è una forte insicurezza in se stesse, un’inadeguatezza nei confronti del partner e di un corpo che, dopo lotte interiori, si decide di investire della responsabilità di essere ciò che deve rappresentarle nella loro interezza con una ricerca a volte smodata di risultati sempre più elevati e irraggiungibili. Nella mia esperienza ho avuto modo di osservare che questa tipologia di donne appartiene ad una categoria che non è quella, ad esempio, delle donne madri di famiglia, con un lavoro a tempo pieno e una casa da seguire ma più di donne con elevate possibilità economiche che spesso non lavorano e per cui il raggiungimento della perfezione fisica diventa a tutti gli effetti un lavoro.

Ma è poi così netta la divisione nel mondo femminile tra donne belle o brutte? Tra donne che rientrano nei canoni di bellezza moderni? Alla luce della mia esperienza lavorativa io credo di no. Quello che ho imparato è che esistono donne più o meno curate , donne che si amano e donne che non si amano. Ogni donna può migliorarsi ed imparare a valorizzare le proprie caratteristiche, perché ognuna di noi ha delle particolarità che, se adeguatamente messe in risalto, la possono rendere amabile e interessante agli occhi di chi sa guardare oltre l’apparenza. Elemento essenziale è imparare ad accettarsi per quello che siamo e capire che possiamo darci valore prendendoci adeguata cura di noi stesse. Come disse Seneca “ Una bella donna non è colei di cui si lodano le gambe o le braccia ma colei il cui aspetto complessivo è di tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti”. La bellezza, quindi, diventa qualcosa di non oggettivabile, qualcosa di non esclusivamente legato ad una parte precisa del nostro corpo ma ad una globalità che comprende anche la nostra parte più intima e spirituale. Non sempre le persone che si affidano a me per un problema capiscono questo aspetto. Tante volte mi imbatto in donne che sono concentrate esclusivamente su quella ruga, quella macchia o sporgenza che, ai loro occhi, le rende brutte. Ma è con la relazione e il dialogo, che instauro di volta in volta, che le porto ad osservarsi nella globalità e a comprendere che non è quel specifico aspetto a rappresentarle ma tutto un’insieme che se valorizzato, come loro stesse desiderano, le può veramente trasformare. Mettendomi in gioco con loro ho visto come a volte basti un pennello tra le mani, un fard, una matita e un rossetto per fare cose incredibili e sperimentare con le proprie mani la valorizzazione della propria bellezza esteriore e la crescita  del proprio Io interiore. E così facendo possiamo imparare a guardarci allo specchio, a sorridere dell’immagine che vediamo riflessa, ad amarla, rispettarla e onorarla perché il nostro corpo è un tempio sacro che racchiude la parte più preziosa di noi. Qualcuno l’ha chiamata Anima, ma possiamo continuare ad indagare cosa sia.

[1]              www.glamourage.org

[2]              www.padovanews.it