diotimacomunità filosofica femminile

per amore del mondo Numero 6 - 2007

Relazioni Pericolose

In the cut, seduzioni pericolose

Una metropoli vista dall’alto, forse una cartolina, un’immagine poetica ma sfuocata, disassata, obliqua, una città dove sta per accadere qualcosa.  Le gambe incerte di una donna su tacchi alti. La donna che sorseggia un the in giardino: dal cielo cade una pioggia di petali. Una seconda donna, a letto, si sveglia, languida osserva dalla finestra i petali che cadono e poi torna a chiudere gli occhi. Poco dopo le due donne si incontrano:

 

Pauline

C’e stata una tempesta di petali stamattina.

 

Frannie

Ho visto, pensavo che stesse nevicando, pensavo di sognare.

 

 In the cut comincia con una tempesta di petali, che sembra una tempesta di neve.  La “tempesta della seduzione” si svela subito tramite i suoi opposti: il lato sensuale, romantico, e quello pericoloso, perturbante.

La seduzione è per sua natura doppia. Non è un’attrazione lineare e armoniosa, cela sempre dietro di sé qualcosa di insidioso e negativo. Il significato originario del termine seduzione viene dal latino: sed ducere vuol dire condurre in disparte, far deviare dalla propria strada: “l’individuo sedotto è catturato, sottratto da un preciso ordine di significati…afferrato da una forza cui non può opporre resistenza”[1]. Per Carotenuto la seduzione è associata a qualcosa di subdolo, magico e diabolico: egli usa infatti il termine “afferrato da una forza” (come la voce delle sirene che incanta ma porta Ulisse alla perdita del sé e quindi alla morte).

Anche Baudrillard, nel suo saggio Lo scaltro del genio della passione [2], ci spiega bene il significato duale, oscuro che appartiene alla seduzione: l’amore è “una sorta di risposta universale,…la virtualità di un mondo di rapporti di fusione”. L’eros lega, unisce, accoppia. La seduzione è invece “duello enigmatico”, è una sfida, crea “una distanza segreta e un antagonismo perpetuo”.

Se l’amore è stato elevato a principio universale, divenendo una forma di salvezza, la seduzione è stata spinta in un angolo scuro, obliquo e perverso.

Sia Buadrillard che Calvesi[3], nel loro percorso dedicato alla seduzione, pongono come punto di riferimento fondamentale, per la differenziazione tra amore e seduzione, il Cristianesimo. Cristo è l’amore, “è Cristo che comincia a voler amare e farsi amare”[4], mentre la seduzione è rappresentata dal Demonio: Satana è il primo seduttore.

 

In the cut è un  film dove il doppio è senz’altro uno degli elementi che saltano subito all’occhio, sia a livello narrativo che visivo. La seduzione è doppia: è amore ma anche  pericolo, e i personaggi del film sono anch’essi doppi. Innanzi tutto due donne. Frannie (la protagonista, Mag Ryan) e la sorellastra Pauline (J. Jason Leight). Ritornano le sorelle con caratteristiche opposte molto presenti nei lavori della Campion, fin dal suo primo film:  Sweetie.  Frannie è  la dolcezza, Pauline la trasgressione, una è il giorno, l’altra la notte, la razionalità e la follia, la frustrazione e l’eccesso. Il conscio e l’inconscio. Pauline è il lato oscuro di Frannie.

Frannie fa l’insegnante, è alta magra, rigida, si veste in modo classico, non ha un uomo, ha paura a lasciarsi sedurre. Pauline vive sopra a un locale di streap, tra magnaccia e prostitute, va a letto con il suo analista, dal quale viene allontanata con procedimento legale, non concepisce una vita senza sesso (“Che noia!”), porta vestiti attillati e tacchi a spillo.  Quando Frannie dovrà andare al primo appuntamento con Malloy (Mark Ruffalo), il poliziotto di cui si è innamorata, sarà Pauline a fornirle un abito adatto, sexy e delle scarpe alte.

Frannie e Pauline hanno lo stesso padre ma madri diverse. Il padre è qui rappresentato come la figura del seduttore per eccellenza: molla la fidanzata dopo essersi innamorato a prima vista della madre di Fannie, le regala l’anello nel giro di mezz’ora; ha avuto quattro mogli. Ma lui la madre di Pauline non l’ha mai sposata. Pauline, come a suo tempo la madre, non è degna di un rapporto “ufficiale”, per questo continuerà a rivivere i fallimenti con gli uomini in una sorta di coazione a ripetere . Pauline confiderà a Frannie : “Io vorrei sposarmi, almeno una volta…per mia madre”.

Dunque, il doppio: nel film ci sono anche due uomini. Malloy, il protagonista “buono” e Rodriguez, il folle, il perverso…l’assassino. Questi due uomini sono uniti dallo stesso tatuaggio: un 3 di picche (tre sono le donne che vengono ammazzate)[5]. Fino alla fine non si capisce chi è il maniaco che uccide le sue vittime squartandole e solo le ultime inquadrature ci svelano l’innocenza di Malloy e la colpevolezza del suo lato oscuro, Rodriguez.

Malloy scambia Pauline per Frannie guardando una foto nel suo appartamento, e Frannie scambia Rodriguez per Malloy nello scantinato del pub.

Il tema del doppio come ci dice Freud è già di per sé  “perturbante”:

 

“L’incertezza tra lo stato animato e quello inanimato di una figura, il motivo del doppio, ossia la comparsa di personaggi che, presentandosi con il medesimo aspetto, devono essere considerati identici, l’identificazione del soggetto con un’altra persona, sì che egli dubita del proprio Io, e lo sostituisce con quello dell’altro, lo raddoppia e si osserva, lo divide, oppure ne smarrisce i confini col mondo esterno o con gli altri: questi sono alcuni fattori del sentimento del perturbante…”[6]

 

Ma Pauline  e Rodriguez non sono solo una sorta di “doppio” dei protagonisti, sono il loro lato oscuro, sono la parte della seduzione paurosa e distruttiva (la neve in opposizione ai petali della prima immagine del film). Pauline è il lato oscuro di Frannie, l’istinto più torbido, che la spinge a buttarsi tra le braccia di Malloy:

 

Frannie

Ho conosciuto un uomo.

Pauline

Non gli avrai detto di no, vero?

 

(più avanti nel film…)

 

Pauine

Dovresti rivederlo…

Frannie

Ti fideresti di uno che si fa fare i pompini nei bar?

Pauline

Si!

Silenzio.

Pauline

Insomma!…se non lo vuoi me lo prendo io.

 

(ancora dopo…)

Pauline

Chiamalo, lo so che ci pensi a  lui…

Frannie

Penso al sesso.

Pauline

Non penseresti al sesso se lui non ti piacesse.

 

L’attrazione che Frannie prova per Malloy è comunque collegata a un’inquietudine, a una frustrazione da una parte, ma anche e soprattutto alla trasgressione. Il lato violento oscuro, “brutto” della seduzione è presente fin dai miti più antichi: nel suo studio Carotenuto sottolinea tale aspetto collegandolo alla figura di Pan. Questo dio, seduttore di ninfe, rappresenta l’istinto e la natura, vive in boschi e grotte,

 

“la sua sessualità è legata all’incubo, all’angoscia, a un contatto che atterrisce, perché legata all’irrompere violento dell’istinto. Un istinto dalle sembianze bestiali…La bruttezza di Pan, il suo aspetto mostruoso rimandano al carattere perturbante del desiderio sessuale, allo spavento dell’anima sedotta.(…)

L’emergere di Pan nei sogni, nelle fantasie come nel mito, descrive la necessità di ricongiungersi con il corpo, con la sua sessualità, con il desiderio. Riconoscere Pan, ascoltare la sua voce vuol dire entrare in contatto con l’istinto. Perciò Pan inizia l’anima, insegnandole a entrare in contatto con la sessualità”[7]

 

Il percorso iniziatico dei protagonisti del film va però ben oltre il riconoscimento della sessualità e dell’istinto: è la vera e propria scoperta di un lato malato, oscuro, pericoloso al quale sia Frannie che Malloy sono soggiogati.

Il fascino del lato oscuro, del male, porta a conseguenze infauste e per questo la liberazione da esso esige il sacrificio: i “lati oscuri dei personaggi” (cioè i personaggi che rappresentano il loro doppio perturbante) vengono “uccisi” per il bene della parte amorevole, sana. Frannie è minacciata in tutto il film da un manico che la aggredisce e cerca di ucciderla, ma Pauline sarà quella che viene ammazzata, letteralmente fatta a pezzi. Malloy è sospettato dalla protagonista, e dallo spettatore con lei, di essere l’assassino. Alla fine si scopre che Rodriguez è il maniaco ed è lui ad essere ucciso da Frannie.

 

“La legge della seduzione è innanzi tutto quella di uno scambio rituale ininterrotto, un gioco al rialzo in cui i giochi di chi seduce e di chi è sedotto non sono mai fatti, poiché resta indecifrabile la linea di demarcazione che dovrebbe designare la vittoria dell’uno e la disfatta dell’altro. Poiché non c’è limite a questa sfida: sfida all’altro a lasciarsi sedurre ancor di più o ad amare più di quanto non sia amato, pena la morte”[8]

 

Una volta liberati dal proprio lato perverso, seduttore e sedotto possono finalmente trasformarsi e riunirsi come uomo e donna: il gioco è finito e con esso è finita la seduzione, andare oltre avrebbe significato morire, ora ci può essere solo l’amore e la dolcezza: Frannie si accoccola tra le braccia di Malloy.

Un finale che a prima vista è un happy end, ma la sensazione che rimane nello spettatore, nella spettatrice, è di profonda inquietudine. La confusione dei piani tra buono e cattivo, Malloy e Rodriguez, è talmente esasperata che la paura che Malloy sia “complice” dell’assassino, che sia pericoloso rimane, anche alla fine. Quando nelle ultime inquadrature vedo  Frannie vagare da sola, sporca di sangue, per la strada deserta e tornare poi tra le braccia “protettive” del poliziotto rimango comunque spaventata…io, insomma, non ci tornerei là dentro, in quella casa, da quell’uomo.

Lo scarto tra il lieto fine e la sensazione inquietante che ci lascia il film penso sia da attribuire a un tema che Jane Campion affronta, e che secondo me, porta un valore aggiunto e particolarmente attuale, al dibattito sulla seduzione: il legame tra intimità e violenza, tra familiarità e morte. In In the cut vi è una commistione tra ciò che è familiare, protettivo, rassicurante, e ciò che invece spaventa, seduce, taglia, uccide. La prima caratteristica fondamentale del maniaco squartatore di donne è che conosce le sue vittime e che le  vittime conoscono il loro assassino.

Una scena emblematica e ricorrente in tutto il film è un flashback (l’uso dell’accelerato e del colore virato in  seppia ci portano nella dimensione del ricordo) che torna spesso nella mente di Frannie:  la scena di seduzione tra i suoi genitori. La mamma di Frannie pattina felice sul un laghetto ghiacciato in mezzo a un bosco,  quando il padre la nota e se ne innamora. Fino qui tutto tranquillo, se non fosse che nell’inquadratura l’uomo ci appare di spalle, il volto non visibile, e in primo piano ci viene mostrata la sua mano dentro ad un inquietantissimo guanto nero.

Tale scena “romantica” si trasformerà in un incubo, che invade la mente di Frannie dopo la morte di Pauline: la madre pattinando cade per terra e il padre per soccorrerla le passerà sulle gambe con le lame dei pattini tranciandole in tre parti (come non ripensare al taglio del dito di Ada in Lezioni di piano, o agli incubi “surreali” di Isabel soggiogata da Osmond in Ritratto di signora).

L’assassino conosce le sue vittime: il fidanzato, da una parte porta i guanti da manico, dall’altra è un soccorritore che diventa carnefice.

Frannie è sedotta da Malloy (Giovanni Malloy….il Don-Giovanni, il poliziotto, italiano, stereotipo del seduttore), che è sia il suo protettore sia il possibile assassino. Frannie è affascinata e sedotta dai modi diretti e forti dell’uomo, dal  suo modo di fare sesso.

In questo film, e nel libro della Moore da cui è tratta la sceneggiatura, il sesso, l’attrazione e il pericolo vanno a braccetto. Frannie rimane “turbata” da Malloy, dopo averlo visto (crede di aver visto lui, ma in realtà è Rodriguez, il lato oscuro) nello scantinato del pub mentre si fa fare una fellatio dalla futura vittima. Ripensando a tale visione eccitante, spaventosa e voyueristica, Frannie si masturba a casa, sola. La donna, inoltre, si concederà a Malloy solo dopo essere stata aggredita,  e ciò avviene nonostante rimanga forte in lei il sospetto che l’uomo possa essere l’assassino.

L’ attrazione e la paura che prova Frannie nei confronti di Malloy è spesso sottolineata da immagini in cui la donna, passando attraverso porte/gabbie, entra in luoghi a metà tra il buio e la luce dorata (il doppio aspetto della seduzione).

Quando vede Malloy  per la prima volta, seduto sulle scale che portano al suo appartamento, si spaventa:

 

Malloy

Come va?

Frannie

Ci conosciamo?

Malloy

Ispettore Malloy…lei è Francine Even

Frannie

Mm.

Malloy

Sto facendo un’indagine, vorrei parlare con lei…

Frannie

Chi mi dice che è vero?

 

All’inizio Frannie non lo fa entrare a casa sua, cerca di proteggersi, di non lasciarsi sedurre o uccidere, alla fine però l’attrazione vince e Malloy entra.

La seduzione tra i due non passa però solo attraverso la visione inquietante diretta (la fellatio di Malloy, le foto di donne squartate), ma anche e soprattutto attraverso il segno: come dice Baudrillard il segno e l’apparenza conservano tutto il loro fascino, mentre lo svelamento, il discorso, sono privi di segreto e quindi privi di fascino; esistono però alcune frasi, dichiarazioni ed enunciati che non vogliono dire quello che dicono. E dietro a queste si accentua l’alone di mistero:

 

Io vi amo non è fatto per dirvi che vi si ama, ma per sedurvi, infatti la seduzione è una modalità di ogni discorso, compreso il discorso dell’amore, che fa si che il discorso giochi con la sua enunciazione e tocchi l’altro con il rovescio del suo enunciato.”[9]

 

Frannie è sedotta dal linguaggio: per lei appuntare tutte le citazioni e le scritte che trova per strada è “una passione”, ma il linguaggio che la affascina non è solo quello della letteratura- “Voglio fare di te quello che la primavera fa con i ciliegi”, (è il primo biglietto che Malloy legge appeso al muro dell’appartamento di Frannie) , ma anche quello dello slang dei suo studenti di colore, e quello truculento di Malloy  (“…le hanno tagliato la gola e disarticolata”, dice il poliziotto…e Frannie appunta sul foglio la parola disarticolata). Ancora una volta la seduzione/passione ha una doppia faccia. Al bar Malloy le parla in modo provocatorio ed esplicito…”vuoi che ti scopi, che ti lecchi la passera…”A tale proposito vorrei citare ancora una volta Buadrillard in riferimento a questa “sfacciata” modalità di seduzione:

 

“L’invito sessuale diretto è troppo diretto per essere vero, e rimanda a qualcos’altro.

La prima interpretazione deplora l’oscenità dell’invito. La seconda è più sottile: riesce a scoprire l’altra faccia dell’oscenità come fregio seduttore e quindi come allusione indefinibile al desiderio, l’oscenità troppo brutale per essere vera, troppo volgare per essere sconveniente- oscenità come sfida e quindi ancora una volta come seduzione.

In fondo, la pura domanda sessuale, l’enunciato puro del sesso è impossibile. Non ci si libera della seduzione, e il discorso anti-seduzione è l’ultima metamorfosi del discorso di seduzione.”[10]

 

Il gioco tra Frannie e Malloy è un gioco di seduzione dove intervengono e si mischiano i piani del sesso, della paura, dell’orrore, del linguaggio.

 

Malloy

Cosa vuoi sapere?

Frannie

Voglio sapere cosa ha fatto con lei

Malloy

Perché?

Frannie

Non lo so, almeno portò immaginarmela, potrò dormire…

Malloy

Probabilmente l’ha colpita mentre lei si muoveva, le ha squarciato il collo e i seni. Le ha tagliato la gola, la trachea, la giugulare, l’epiglottide, la lingua…(…) E posso dirti anche un’altra cosa. Gli piaceva.

 

Solo dopo essere stata aggredita Frannie finisce a letto con Malloy, ma soprattutto, solo dopo che lui le ha fatto rivivere il dramma dell’aggressione, mettendole un braccio intorno al collo, come ha fatto il maniaco.

Dopo qualche giorno, su consiglio di Pauline, Frannie chiama Malloy, lui prima le racconta l’assassinio truculento di un’altra vittima, poi le dice di mettersi una mano in mezzo alle gambe e di toccarsi. Frannie teme Malloy, ma non resiste al suo fascino. Frannie ha bisogno della protezione di Malloy perché ha paura del maniaco…ma il maniaco potrebbe essere Malloy stesso. Ogni volta che la vediamo in macchina con lui ci vengono anche mostrate immagini di donne che scappano per la strada. Quando i due vanno nel bosco, tutto porta a intendere che succederà qualcosa di tremendo.

 

Frannie

“Sembra un posto dove scaricano i cadaveri, che c’è in quei sacchi?”

 

Malloy tira fuori la pistola, colpisce i sacchi, lo spettatore ha la percezione di essere arrivato alla momento dell’uccisione di Frannie, ma poco dopo lui le insegna a sparare. Grazie a queste lezioni, alla fine del film, Frannie riuscirà a uccidere l’assassino e a mettersi in salvo. Ancora una volta c’è una commistione tra protezione-paura, familiare-temibile.

 

Le donne uccise conoscevano l’assassino, così dice Malloy, anche Pauline: “quell’uomo probabilmente la conosceva, l’ha strangolata”. Poco dopo Frannie scopre che Malloy è in possesso della chiave dell’appartamento di Pauline.

“Hai la chiave?”, chiede Frannie spaventata.

“L’hai uccisa tu?”

L’uomo non risponde (Malloy non risponde mai alle domande di accusa di Frannie, sembra infatti che provi uno strano gusto perverso a farle credere, e a farci credere, che possa essere lui l’assassino). La chiave è l’emblema del familiare, ciò che ci fa entrare in casa, nell’intimità, nella sfera personale. Frannie, dopo l’aggressione si era trasferita a casa di Pauline, ma ingenuamente (o appositamente) aveva detto a Malloy l’indirizzo esatto. Pauline, del resto, teneva la chiave fuori dalla porta d’ingresso, dentro un vaso, “nascosta” sotto la statua dorata di un Budda. Un posto accessibile a chiunque. Pauline forse è stata uccisa al posto di Frannie, ma è Frannie che ha svelato il posto intimo, la casa dove trovare se stessa e il suo lato oscuro.

La vittima consegna la chiave all’assassino.

Penso che, con questo film, Jane Campion abbia aperto una questione interessante su alcune dinamiche femminili piuttosto contemporanee: da una parte si parla di una  violenza messa in atto proprio da chi dovrebbe in realtà proteggerti (il fidanzato, l’amante, il poliziotto), dall’altra emergono delle figure femminili smarrite (le donne dei suoi precedenti film hanno una consapevolezza e un’indipendenza dagli uomini abbastanza marcata) schiave degli istinti, sole. Queste donne, minacciate da un mondo ostile, cercano l’appoggio in una figura maschile qualunque essa sia, e alla fine, nella cieca fuga, finiscono correndo proprio tra le braccia del loro carnefice.

 

 

 

 

 

[1]              A. Carotenuto, Riti e miti della seduzione, Milano, Bompiani, 1999, p.2

[2]              Saggio contenuto in J. Baudrillard, Le strategie fatali, Milano, Feltrinelli 1984

[3]              M. Calvesi, Storia della seduzione, Milano, Bompiani 1994.

[4]              J. Baudrillard. Le strategie fatali, cit. p. 91

[5]              Frannie dice ai suoi studenti di leggere Gita al faro di Virginia Woolf. Uno di loro risponde: “C’è solo una vecchia signora che muore.” Frannie: “Quante donne devono morire affinché sia un buon libro?”. Studente: “Almeno tre!”.

[6]              S. Freud, Das Unhemliche, 1919, trad. it. Il perturbante in Saggi sull’arte, la letteratura, il linguaggio, Bollati Boringhieri, Torino, 1996.

[7]              A. Carotenuto, Riti e miti della seduzione, cit. p.39-40

[8]              J. Baudrillard, Della seduzione, cit. p.32

[9]              J Baudrullard, Le strategie fatali, cit. p.95

[10]            J. Baudrillard, Della seduzione, Milano, Es, 1995. p.51