A Katharina
Improvvisamente, il 14 gennaio di quest’anno è morta la nostra amica Katharina Rutschky.
Avevamo già programmata la sua partecipazione al “ritiro” di Diotima per questa estate, per lei un’occasione di incontrare le amiche italiane, partecipare al nostro lavoro teorico e fare alcuni giorni di vacanza a Verona oppure a Orvieto, ospite di Lisa e di Veronika.
Avevo conosciuto Katharina in occasione di un convegno femminista, a Kassel in Germania al quale partecipai assieme a Traudel Sattler nel ormai lontano 1994. Mi colpì la sua libertà assieme al coraggio di affrontare un contesto sicuramente non favorevole ad una lettura di Camille Paglia che confermava la tesi dell’autrice americana circa l’assenza storica delle donne dalla produzione culturale. Non che fossi d’accordo con lei, ma percepii la sua ricerca di uno spazio di libertà di pensiero che andasse oltre le ovvietà di un femminismo prevalentemente rivendicativo, come lo era quello tedesco in quel periodo. Esercitava il fascino della provocazione, inseparabilmente collegato al libero pensiero e lo incarnava perfettamente, con i suoi capelli grigi cortissimi, labbra e unghie rosso fiammante su un elegante completo giacca-pantalone. Abituata agli attacchi di un pubblico ostile a tanta libertà ed eleganza, rimase incuriosita dalle mie domande che dimostravano un reale interesse, anche se critico, e dopo la sua conferenza ci incontrammo per un bicchiere di vino.
I nostri racconti del femminismo italiano, della Libreria delle donne di Milano e di Diotima dovevano aver svegliata la sua curiosità se la mattina seguente si fermò a sentire la nostra relazione al convegno, nonostante avesse già un impegno di lavoro a Berlino per quella mattinata.
Così è nato un legame che è durato sedici anni, con vari suoi interventi pubblici anche in Italia, per esempio nel grande seminario di Diotima, nell’istituto di Germanistica dell’Università di Verona e sulla rivista Via Dogana, dove furono pubblicate le sue Lettere antifemministe da Berlino. Amava stare nella compagnia ospitale delle donne italiane, così aperte e curiose nei confronti di una pensatrice straniera a loro sinora sconosciuta. Questa pratica di ospitalità e di amicizia in un contesto estraneo rendeva a lei facile, nonostante la lingua poco familiare, l’ascolto di un pensiero nuovo. Da antica studiosa di Freud apprezzò il nostro lavoro attorno alla figura materna, un nodo che il femminismo tedesco non aveva ancora voluto e potuto affrontare. E’ stata quella ricerca radicata in una convinta pratica di relazione a ispirarle un’aspra critica del femminismo rivendicativo, il che a sua volta fece di lei un’antifemminista agli occhi di molte donne tedesche.
Nata durante la seconda guerra mondiale Katharina aveva, come molti studenti negli anni sessanta, abbracciato la causa della liberazione dai vecchi regimi sociali e politici, il che significò per i giovani tedeschi una resa dei conti con il nazismo della generazione dei genitori. Così Katharina si trovò a ribellarsi a un mondo autoritario e dell’antiautoritarismo fece la sua bandiera, dopo il ’68 vissuto all’interno del SDS, la lega degli studenti socialisti. Dopo gli studi di pedagogia e sociologia curò negli anni ’70 il volume Schwarze Pädagogik (Pedagogia nera) che sarebbe diventato un classico per diverse generazioni di studenti di scienze dell’educazione in Germania. Assieme al marito Michael era una delle figure di spicco dell’intellighenzia tedesca, tutti e due liberi scrittori che vivevano per la conoscenza e lavoravano scrivendo, liberi da condizionamenti istituzionali. Ciò ha significato una vita senza compromessi per facili ricchezze, ma vicina agli ideali di uguaglianza degni di una convinta socialdemocratica. Infatti, Katharina viveva a Kreuzberg, quartiere popolare di Berlino, in un tipico appartamento dalle stanze grandi e luminose con soffitti alti e piene di libri, assieme a Michael e all’amatissimo cocker spaniel e alla loro gatta. L’amore per i cani l’aveva portata addirittura a scrivere un libro sui cani in città: Berlino ha un lunga tradizione in questo senso, essendo una città fatta di parchi e laghi. Questi parchi e questi laghi erano la sua delizia quotidiana che frequentò nelle lunghe passeggiate.
Le molte amiche e amici in questa città come in tutta la Germania rimasero increduli quando sentirono della sua scomparsa: sembrava che stesse di nuovo bene, a Natale aveva fatto progetti di viaggi per la primavera successiva, e in gennaio era morta.
Ci mancherai molto, Katharina, con il tuo sguardo ironico, la tua lingua forbita, la tua grande cultura e il tuo grande cuore che credeva nell’illuminazione delle menti.